Nel particolare momento storico che stiamo vivendo, che non ha segnato solo un’emergenza sanitaria ma ha avuto anche un risvolto economico significativo, abbiamo deciso di chiedere agli imprenditori come stanno vivendo questa situazione e quali sono i loro punti di vista.
Ne abbiamo parlato con Andrea Martello, titolare della Minutecnica Bolognese di Rastignano (Bologna)
La ripartenza… cosa si sente di dirci su questa fase, così tanto attesa? Come sta andando?
La nostra realtà aziendale non si è mai completamente fermata, perché abbiamo portato avanti gli impegni presi con alcuni clienti attivi in campo medico e alimentare, che continuando a lavorare avevamo bisogno dei nostri servizi. Nonostante continuare a produrre significasse spendere di più e guadagnare di meno, abbiamo deciso di farlo per non lasciare indietro nessuno, aiutando i nostri clienti a portare avanti il loro lavoro. Quando abbiamo ripreso a pieno ritmo l’attività, ci aspettavamo tuttavia di avere una ripartenza più energica, non avendo mai vissuto totalmente il fermo aziendale. Così non è stato perché contattando i nostri partner all’estero, non solo in Italia, abbiamo potuto toccare con mano le difficoltà del momento storico. Posso dire che i segnali che arrivano dalla Germania, dove abbiamo molte collaborazioni attive, non sono affatto incoraggianti perché li ho sentiti demotivati e preoccupati per la situazione economica che stanno vivendo. Preoccupazioni che indirettamente ho potuto costatare anche nei partner cinesi e americani, in quanto il rallentamento economico ha interessato molti settori industriali. Paradossalmente si è vissuta più serenamente la certezza del lockdown dell’incertezza della ripartenza.
Ritiene che i protocolli previsti per la ripartenza in sicurezza siano funzionali? Cosa suggerirebbe?
Personalmente ritengo giusto quanto deciso per tutelare la salute di tutti, ma ci siamo trovati in difficoltà quando si è trattato di agire sul sostentamento economico alle aziende: qui ci siamo trovati da soli, non sapevamo come muoverci, dove acquistare i prodotti, cercando aziende attive e disposte a fornirci quanto necessario in tempi brevi. Sì, aspettavamo un supporto più puntuale da parte delle Istituzioni, ma da imprenditori da sempre siamo abituati a prenderci le nostre responsabilità, quindi ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo fatto ancora una volta la nostra parte.
Quali timori sente, quali progetti?
Per realtà aziendali come la nostra, da considerarsi come sub fornitori che offrono un servizio ai clienti, che necessitano di assolvere a loro volta ad altri servizi, è difficile fare nuovi progetti. Per crescere e rilanciarci possiamo solo cercare di intercettare nuovi clienti, ma non sempre ci si riesce perché bisogna investire soldi e forze per farsi conoscere. Per questo temiamo fortemente che il varco che purtroppo è venuto a crearsi a causa della chiusura di alcune realtà aziendali concorrenziali, non possa essere colmato da nessuno, perché il mercato è in forte sofferenza. In questo va detto che la globalizzazione che ci ha permesso di entrare nel mercato internazionale non è stata solo un beneficio, in quanto ha permesso di rivolgersi a mercati economicamente più vantaggiosi a discapito della qualità e della professionalità delle nostre realtà aziendali nazionali.
Quali pensieri vorrebbe condividere con i suoi colleghi del settore?
Alcuni spunti che da imprenditore vorrei si potessero discutere nei tavoli giusti. Come ad esempio aprire alla possibilità di mettere le aziende nella condizione di poter pagare i lavoratori (senza dover ricorrere alla cassa integrazione), sgravandoci un po’ dei contributi e delle tasse che attanagliano la nostra economia locale. Per questo mi sento anche di favorire un po’ quella che in America è nota come via del protezionismo: lo dico non per chiuderci in noi stessi, ma per facilitare il commercio nazionale in questo momento di forte difficoltà economica. Visto che molti Paesi stanno applicando questa politica, chiudendo al mercato italiano, anche noi dovremmo trovare una chiave di volta favorendo quelle imprese e quei cittadini desiderosi di lavorare e comprare in Italia.
Sentiamo dire “Ce la faremo”: lei concluderebbe con un punto esclamativo o con quello interrogativo?
In entrambi i modi: mi spiego meglio. Parecchie aziende italiane ce la faranno! Ma il Paese Italia ce la farà? Una domanda che spesso mi pongo ma alla quale ancora non so dare una risposta certa. Di certo gli imprenditori e i lavoratori ce la faranno! Perché noi non ci arrendiamo.
La sua speranza più luminosa per questa seconda parte del 2020?
Spero vivamente che la Cina e l’America smettano di litigare e contribuiscano ad aiutare il mondo e l’economia globale a tornare alla loro normalità. Credo fortemente che molte problematiche economiche che stiamo vivendo partano proprio da qui. Il mondo può e deve ripartire, ma può farlo solo con un’economia mondiale sana, forte e unita.