Schirru: “Farcela dipende solo dal senso civico e altruista di ognuno di noi”

Con Fabio Schirru che si occupa del Centro Veterinario Horses & Pets Il Chirone, abbiamo affrontato in questa chiacchierata il difficile momento della Fase 2 della pandemia, dopo il dilagarsi (per fortuna in modo meno netto rispetto ad altre regioni italiane) del Coronavirus in Sardegna. Ecco come vede il futuro:

La Ripartenza… cosa si sente di dirci su questa fase, così tanto attesa?
“Quello che manca da ormai un ventennio in Italia è una seria partenza del mercato. Sarebbe meglio che noi cittadini e noi imprenditori ci buttassimo alle spalle le vecchie partenze fallimentari e finalmente dovremo parlare di partenza. Purtroppo viviamo in una Nazione in cui i valori oramai sono partiti e pare non vogliano più tornare (sarcasticamente parlando!)”.

Ritiene che i protocolli previsti per la ripartenza in sicurezza siano funzionali? Cosa suggerirebbe?
“Purtroppo, causa la specificità delle varie attività produttive o di servizi, come la nostra, si sarebbero dovute interpellare e ascoltare le varie categorie… un esempio fra tutti: noi come veterinari, che già nei nostri documenti per la valutazione dei rischi sul lavoro, avevamo e abbiamo vari e ottimi protocolli operativi contro i rischi biologici da sempre sappiamo usare i DPI; il non immedesimarsi con categorie estranee a questa tipologia di rischio, senza la minima informazione sulle modalità lavorative, ma soprattutto senza dare la giusta formazione sull’uso corretto dei DPI, risulta costoso e di nessuna utilità”.

Quali timori sente, quali progetti?
“I progetti restano quelli di sempre. Continuare a fare imprenditoria, tutelando i lavoratori e la clientela soprattutto dal punto di vista sanitario… ovvio che le paure, dovute ad una gestione Centrale priva di produttività di fronte a determinate disgrazie che possono accadere, nonché la mancanza di competenze politiche che portano ad una sordità nei confronti della scienza, ci sono e continueranno ad esserci: il sentirsi soli fa paura sempre”.

Quali pensieri vorrebbe condividere con i suoi colleghi del settore?
“Vorrei ricordare a tutti i veterinari che, come dimostrato in sede di pandemia, siamo e rappresentiamo un servizio primario e di ciò ne dobbiamo andar fieri! Inoltre, giocando con le malattie infettive degli animali, come categoria, siamo preparatissimi in quanto -malattie del cucciolo a parte- la natura ci riserva almeno un’epidemia all’anno sul comparto ovicaprino. Dal punto di vista imprenditoriale questo può essere uno stimolo, soprattutto per qualcuno di noi che è oramai adagiato da anni in uno stato di confort: è ora di rimboccarsi le maniche e trovare altri metodi per vendere la professione”.

Sentiamo dire “Ce la faremo”: lei concluderebbe con un punto esclamativo o con quello interrogativo?
“Considero e ho considerato, durante le giornate calde del covid-19, il “Ce la faremo” come una frase puramente scaramantica… purtroppo il farcela in questo periodo dipende solo dal senso civico/altruista di ognuno di noi e ahimè, il nostro bel Paese non spicca per queste qualità”.

La sua speranza più luminosa per questa seconda parte del 2020?
“Non sono avvezzo alle speranze. A mio modesto avviso bisogna guardare il mondo e rispondere a due piccole domande da mettere poi sulla bilancia: cosa porto di buono a tutti? Cosa porto via agli altri?… la risposta ai posteri”.

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