Alessandro Crosato: “Valorizziamo il Made in Italy, insieme ce la faremo”

Ritiene le misure di contenimento pandemico adeguate? Cosa suggerirebbe?

“Non sono soddisfatto delle misure adottate dal Governo in quanto non sono state aiutate le imprese giovani e appena nate che,come la nostra, non hanno avuto diritto neanche al fondo per le attività commerciali. A mio avviso manca un progetto per il rilancio dell’economia italiana, le faccio un esempio:la cosa più semplice da fare sarebbe quella di trovare altri rimedi per aiutare le aziende, non solo da un punto di vista economico ma anche da quello fiscale, come nel caso dell’IVA. Basterebbe, nel settore dell’abbigliamento, quantomeno per il primo anno, sospendere il pagamento di questa tassa; così facendo il costo del capo sarebbe inferiore del 22% e le persone potrebbero acquistare di più. Bisogna tenere conto che il nostro settore, insieme a quello del turismo e della ristorazione, è il più colpito da questa crisi, perciò mi auguro che ci sia un’iniziativa importante da chi ci governa”.

Come vede il suo futuro?

“La nostra attività è improntata e costruita per avere un futuro roseo. Abbiamo acquistato questo marchio di abbigliamento cercando di rilanciare il Made in Italy. Viviamo in una Nazione meravigliosa dove, in ogni settore, abbiamo delle eccellenze. Ad esempio, noi lavoriamo con filiere corte per due motivi: il primo è per valorizzare il prodotto locale; il secondo è un aspetto fondamentale perché permette a molte produzioni di lavorare insieme un prodotto di estrema qualità. In Italia sono uno dei primi promotori del rilanciare la filiera corta e sono contento che anche un imprenditore come Giorgio Armani abbia sposato questa causa. Molte volte mi domando: “Che motivo c’è di andare andare a produrre campi di abbigliamento in filari sparse per il mondo, quando, torno a ribadire, in Italia abbiamo tutto quello che ci serve?”.

Quali timori, quali progetti?

“I timori sono tanti, insieme alle preoccupazioni. Parlo spesso con altri imprenditori. Tutti questi soldi che lo Stato ci sta prestando, in futuro dovremmo restituirli. Poi cosa succede? Che il carico fiscale aumenta ancora di più e molte attività potrebbero chiudere. Forse la cosa ideale da fare sarebbe stata quella di immettere meno liquidità e abbassare le tasse. Anche perché non parliamo di denaro a fondo perduto”.

Cosa direbbe ai colleghi del settore?

“Direi di produrre nel nostro territorio, di valorizzare le eccellenze che abbiamo in tutte le Regioni e di essere uniti. L’errore più grande che si fa è quello di credere che “l’erba del vicino è sempre più verde” e vedere i nostri “competitors” sempre come nemici, quando magari basterebbe unire le idee e lavorare tutti insieme per rilanciare un settore dove da sempre siamo i primi al mondo. Noi italiani siamo creativi, siamo maestri del designer etico. Sappiamo creare un capo di abbigliamento che sia bello, elegante e allo stesso tempo pratico ed economico. Le altre Nazioni e popoli non hanno la stessa nostra genialità”.

La speranza più luminosa?

“Mi aspetto un grande ritorno dell’Italia in tutti i settori dal 2022-2023. Siamo un grande popolo e sono sicuro che verremo fuori da questa situazione. La nostra Nazione aveva bisogno di uno scossone e forse adesso è arrivato il momento di prendere delle decisioni serie per il bene del Paese, soprattutto cercare di farlo risplendere, andando al passo con la tecnologia e cercare di eliminare una burocrazia retrograda e che rallenta il sistema”.

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