Il commercialista coach che cura il bilancio della vita delle persone

Dott. Massimo Colato, cosa spinge un commercialista a diventare un business and life coach?

Faccio il commercialista da trent’anni e nel frattempo mi sono laureato in sociologia, ho fatto il mediatore di conflitti e insegnante di organizzazione per aziende e persone. Ho aiutato imprenditori e collaborato alla nascita di numerose società, aziende e vite professionali. Ci sono degli aspetti della vita delle aziende che come commercialista normalmente non si toccano e normalmente non interessano,  e che invece a me affascinano tantissimo: Le persone. Le persone che fanno azienda, i bisogni di queste persone, la loro leadership, le loro ambizioni, i rapporti che hanno con i loro collaboratori e con i loro clienti, la loro resistenza allo stress, la loro gestione del tempo, la capacità di raggiungere i loro obiettivi e, parafrasando Tim Gallway (uno dei padri del coaching) mi interessa come affrontare le “interferenze” che non permettono al proprio “potenziale” di trasformarsi in una “Performance” soddisfacente.

In pratica aiuti le persone a raggiungere i propri obiettivi?

E’ esattamente questo il punto. Il coach aiuta le persone a disegnare obiettivi ben formati, capire da dove si parte, quali risorse si hanno, creare piani di azione e raggiungere gli obiettivi o fare buoni passi nella direzione desiderata.

Ma cos’è un obiettivo?

Non bisogna confondere un obiettivo con un desiderio semplice, con un pensiero rosa che ci fa compagnia, una scusa per non uscire dalla nostra confort zone. Un Obiettivo deve essere perseguibile ed avere alcune imprescindibili caratteristiche Deve rispondere alla domanda CHE COSA VUOI? A volte si stabilisce un obiettivo come negazione del problema “VOGLIO SMETTERE DI AVERE PAURA DI PARLARE IN PUBBLICO”. Questo non risponde alla domanda “che cosa vuoi” ma risponde alla domanda “cosa NON vuoi”. Definire un obiettivo in negativo significa focalizzarsi sul problema e non sullo stato desiderato. Per sapere a cosa NON dovete pensare siete costretti a pensarci. Per esempio se vi chiedessi di NON PENSARE AD UN GROSSO ELEFANTE ROSA CON LE SCARPE DA TENNIS ne sareste in grado? Altre volte si definisce un obiettivo come diametralmente opposto al problema “VOGLIO SENTIRMI SICURO DI ME QUANDO PARLO IN PUBBLICO”.. Questo può determinare polarizzazioni e conflitti interiori e induce continuamente dei riferimenti e paragoni con il problema. Non è possibile risolvere un problema con lo stesso livello di pensiero che sta creando il problema. Altre volte si definisce l’obiettivo con un benchmark VORREI ESSERE IN GRADO DI PARLARE IN PUBBLICO COME NELSON MANDELA. Qui c’è il rischio di aspettative inappropriate e irrangiungibili. Quindi frustrazione e senso di inadeguatezza perenne. Anche definire l’obiettivo individuando alcune caratteristiche chiave può essere pericoloso: VOGLIO INCARNARE LE QUALITA’ DELL’ECCELLENZA ORATORIA: FLESSIBILITA’, CONGRUENZA, INTEGRITA’… Il rischio è di avere delle caratteristiche teoriche e, magari, inadatte alla persona.

Quindi qual è il modo migliore di esprimere un obiettivo?

E’ molto funzionale concentrarsi sullo stato desiderato per avere un risultato generativo. QUANDO PARLO IN PUBBLICO VORREI ESSERE INTERESSANTE E CREATIVO. Bisogna concentrarsi sulle sensazioni che avremo una volta raggiunto lo stato desiderato. Come mi sentirei una volta raggiunto il mio obiettivo? (Se avessi raggiunto il mio stato desiderato mi sentirei rilassato e a mio agio di fronte ad un pubblico). Se ci pensiamo bene quando desideriamo di avere una bella casa, in realtà non ci interessa l’oggetto in se, bensì le emozioni che l’oggetto fa scaturire in noi:  serenità di avere una tana sicura, gioia di condividere degli spazi con i propri affetti, soddisfazione di “avercela fatta” quando tutti dicevano che nella vita non avrei combinato nulla ecc.

Mi sembra tutto interessante, puoi dirci di più?

Dopo aver visto come deve essere espresso possiamo passare alle caratteristiche che deve avere un obiettivo per essere considerato tale: deve essere Importante per la persona che lo esprime, avere un risultato finale misurabile, essere sotto il tuo controllo, avere una cornice temporale. Tutta questa analisi preliminare porta a vedere se un obiettivo è realistico (perseguibile) e reale (voglio la Ferrari o voglio ammirazione sociale?).

Attraverso quali tecniche viene fatto il coaching?

Non c’è una tecnica precisa. Il coaching è piuttosto una metodologia molto flessibile che si adatta alla persona e alla situazione. Generalmente ci sono dei passaggi standard che si possono semplificare con il modello GROW: GOAL Definizione dell’obiettivo (come abbiamo visto sopra) risponde alla domanda COSA VUOI? REALITY Analisi di realtà  dove si verifica il presente, quali risorse si hanno quali ci mancano chi può darcele, chi può aiutarci e chi contribuisce a farci rimanere dove siamo. In pratica la domanda è COSA TE LO IMPEDISCE? OPTION Dove si trattano le strade percorribili e si risponde alla domanda COSA POTRESTI FARE? WILL E’ la “messa a terra” di una o più strategie concordate e risponde alla domanda COSA FARAI? QUANDO?

Detto così sembra tutto molto semplice. Perché quindi non siamo in grado di raggiungere i nostri obiettivi ed è indispensabile avere un coach?

Non è indispensabile avere un coach. E’ utile. In fin dei conti è un prodotto di lusso che serve a far esprimere le abilità e le potenzialità della persona. Normalmente non si raggiungono i propri obiettivi per l’autosabotaggio che mettiamo in campo. Vogliamo cambiare ma vogliamo stare nella nostra situazione (che può far male ma è conosciuta). Non vogliamo fare i conti con i concetti di rimpianto o di rimorso. Magari siamo perfezionisti e temendo di fare una cosa malfatta non la facciamo. Dobbiamo fare i conti con la paura di fallire; paura di essere criticati. Ma altresì dobbiamo fare i conti con la paura di avere successo. Fare le cose all’ultimo per essere giustificati sulla mediocrità del risultato

Ma è necessario cambiare?

E’ necessario cambiare solo  se la situazione intorno a noi è per noi intollerabile. Se posso vi racconto la storia della rana di Noam Chomsky (filosofo americano). “Immaginate un pentolone pieno d’acqua fredda nel quale nuota tranquillamente una rana. Il fuoco è acceso sotto la pentola, l’acqua si riscalda pian piano. Presto diventa tiepida. La rana la trova piuttosto gradevole e continua a nuotare. La temperatura sale. Adesso l’acqua è calda. Un po’ più di quanto la rana non apprezzi. Si stanca un po’, tuttavia non si spaventa. L’acqua adesso è davvero troppo calda. La rana la trova molto sgradevole, ma si è indebolita, non ha la forza di reagire. Allora sopporta e non fa nulla. Intanto la temperatura sale ancora, fino al momento in cui la rana finisce – semplicemente – morta bollita.Se la stessa rana fosse stata immersa direttamente nell’acqua a 50° avrebbe dato un forte colpo di zampa, sarebbe balzata subito fuori dal pentolone”. La rana poverella muore e sicuramente qualcuno ha pensato che la propria vita non è così a rischio come la sua, ma se si accetta passivamente ogni cosa che accade non si sta vivendo, si sta solo sopravvivendo e lo scopo dell’uomo è “vivere”. Si rischia di cadere in quello che si definisce stress dormiente, quello che corrode lentamente, il più subdolo e pericoloso.

Quali sono i temi principali che le persone portano ad un coach?

I temi più comuni che incontro sono: come smettere di procastinare, eliminare lo stress, avere più sicurezza di se ed essere assertivo, trovare un equilibrio tra lavoro e vita privata, essere Leader, migliorare le mie relazioni, gestire meglio il TEMPO, gestire meglio soldi e finanze, gestire le abitudini (perdere peso, smettere di fumare ecc).

Che consiglio ti sente di dare a chi non sente di avere obiettivi particolari?

Consiglierei semplicemente di godersi la vita che ha. Magari, se è di mentalità aperta, potrebbe ogni tanto farsi una semplice domanda: C’E’ QUALCOSA CHE STO TOLLERANDO O SOPPORTANDO NELLA MIA VITA IN QUESTO MOMENTO?

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