Coronavirus: Aur, contrazione dei redditi in Umbria

Marzo e aprile con le attività quasi tutte chiuse in Italia. L’Agenzia Umbria Ricerche ha indagato sull’impatto che ciò ha avuto sull’economia della regione. Analizzate in particolare l’industria in senso stretto, le costruzioni e una parte del terziario.

Nel complesso, in Umbria, è sospeso il 49,7% delle unità locali, che generano il 40,1% del valore aggiunto e il 40,8% del fatturato. In termini di lavoro, è fermo il 45,8% degli addetti, che scende al 43% considerando solamente i dipendenti. Dal 14 aprile, però, hanno riaperto librerie, cartolerie, negozi per bambini, attività di silvicoltura e raccolta di legname, dunque la percentuale è scesa.

Il settore più colpito è di sicuro l’industria, con quasi due terzi di unità locali al palo, oltre metà del valore aggiunto e il 60% degli addetti. Il terziario (non è considerata la pubblica amministrazione, il credito, le assicurazioni e parti del servizio alla persona) è colpito per il 45,6% di unità locali, ossia 28,5% di valore aggiunto e 38,1% di addetti. Naturalmente, bisogna considerare che alcuni – autorizzati a proseguire la professione – potrebbero non essere effettivamente operative, non riuscendo a garantire le misure di sicurezza richieste. Altri potrebbero aver fermato l’attività per ragioni puramente economiche, per assenza di domanda o per strozzature nell’approvvigionamento.

Di contralto, altre attività – esplicitamente escluse – potrebbero aver dimostrato di essere essenziali, ottenendo dunque una deroga al divieto dalle prefetture. Per esempio, la Acciai Speciali Terni (AST). Assicurazioni e credito, così come la pubblica amministrazione non hanno mai smesso di lavorare, in modalità smart working per lo più. Stesso discorso per l’agricoltura e per alcuni servizi importanti alla persona.

Se andiamo a considerare tutta la compagine lavorativa umbra, il blocco di marzo ha inciso su di un terzo del totale, allineandosi dunque alla situazione italiana. Quota più alta per gli autonomi, in particolare quelli con dipendenti, per metà sospesi dall’attività lavorativa. Il Governo, a tutela di chi ha visto la propria attività sospesa o ridotta, ha introdotto vari strumenti, come l’allargamento dell’applicazione degli ammortizzatori sociali e la semplificazione delle procedure. Gli oltre 80 mila dipendenti umbri, così, nel breve periodo possono contare su Cassa integrazione ordinaria e in deroga, l’80 per cento delle retribuzioni (sono esclusi i dipendenti di datori di lavoro domestico).

Solo una parte dei lavoratori autonomi, iscritto a Cassa di previdenza e con reddito inferiore a una certa cifra, ha potuto usufruire di un contributo una tantum di 600 euro.

La conclusione dell’Aur è questa: c’è una contrazione del livello dei redditi, soltanto in parte compensata dalla stampella delle misure di sostegno, che non possono peraltro essere mantenute a lungo e dovranno lasciare spazio alla progressiva ripresa delle attività non appena si allenterà l’emergenza.

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