Crel Umbria, Barbera: “Contesto generale pesante”

Durante la Conferenza regionale dell’economia e del lavoro, a Palazzo Cesaroni, è intervenuto anche Nicola Barbera, direttore filiale di Perugia di Bankitalia: “Il contesto generale è pesante. Il Pil dell’Umbria, nell’ultimo decennio, è calato del 15%. A livello nazionale il calo è di poco più del 5%.
Gli investimenti rappresentano il punto più debole e si ha la massima flessione: 44 per cento in meno, mentre il dato nazionale è sì in calo, ma del 21 per cento. La risalita è iniziata, c’è stata una ripartenza ma la strada è molto lunga e incerta. Servono interventi incisivi e sinergici per un vero rilancio”.

E ancora: “Nella prima parte del 2018 l’economia ha continuato a crescere ma in maniera troppo debole, anche a causa del contesto non certo favorevole causato dall’aumento delle tensioni internazionali e dai problemi dei paesi in via di sviluppo. Per quanto riguarda l’economia umbra, gli ordini di fatturato industriali sono soddisfacenti, bene le imprese che operano sui mercati esteri, per la prima volta aumenti anche per le piccole imprese. Segnali positivi nei servizi, ma non nel commercio, che è negativo, il turismo va bene, ma non nei Comuni più colpiti dal sisma; i numeri assoluti fanno registrare un incremento di arrivi, ma le presenze complessive sono ancora quelle del 2006. L’edilizia soffre, la ricostruzione ancora non morde. Sul fronte creditizio vi sono segnali di rallentamento delle imprese umbre rispetto al dato nazionale perché molte hanno dovuto restituire i fondi messi loro a disposizione negli anni precedenti, elemento questo di freno e preoccupazione. Il credito all’edilizia presenta dati negativi. Vi sono differenze nel trattamento creditizio fra aziende medio-grandi e di piccole dimensioni, con le ultime che fanno fatica a rinnovarsi. Dal 2015 i prestiti sono scesi a tassi sostenuti, meno 3 per cento l’anno in media. Tassi di interesse a breve meno favorevoli per le piccole imprese, che hanno un costo aggiuntivo di 3 punti percentuali ora cresciuto a 4, mentre in Italia è l’1 per cento”.

Infine: “Solo una parte delle piccole imprese è fuori da questo circolo vizioso, quelle che stanno in filiera: forniscono aziende che vanno bene e riescono ad avere maggiori finanziamenti e fanno più innovazione tecnologica e digitalizzazione. Ha inciso il fatto che negli ultimi 10 anni si è ridotta la quota di intermediari creditizi presenti in Umbria; la presenza di banche autonome in genere fa da contrappeso. Venti anni fa le banche umbre coprivano il 40 per cento dei finanziamenti ai residenti, a fine 2018 le due rimaste coprono il 4,5 per cento. L’Umbria è regione provata da crisi lunga e intensa che ancora oggi si ripercuote sulla ripresa. Se non si riesce a irrobustire le componenti che si sono rivelate più fragili, è difficile fare un salto di qualità. Le infrastrutture sono un nodo fondamentale: si è fatto molto, ma serve un aggancio strutturale all’alta velocità. Importante la qualità del managing delle imprese, occorre favorire il ricambio generazionale; in Umbria c’è fase critica rispetto al resto d’Italia. Occorre anche rafforzare il capitale umano, sviluppare alta tecnologia, rafforzare l’attrattività del territorio per invogliare a venire in Umbria a lavorare”.

Parola, poi, ad Antonio Alunni, numero uno di Confindustria Umbria: “Il lavoro deve essere al centro della politica. I dati presentati dimostrano che l’industria sta ottenendo risultati e numeri importanti, dimostrano che questo territorio può essere competitivo. Siamo soddisfatti che l’industria sia tornata al centro del dibattito. Il tema è quali scelte fare in tema di politiche regionali, e l’industria deve essere il punto primario di attenzione. La manifattura deve poter competere nel mercato globale. Ed avere una dimensione adeguata per accogliere i giovani che si formano nelle nostre università. Dobbiamo condividere gli obiettivi che vogliamo darci in termini sistemici. Ma bisogna agire con rapidità: dobbiamo essere veloci nel capire le traiettorie di sviluppo più importanti. Se cresce l’industria, allora crescono anche il terziario, il commercio, la qualità della vita del nostro territorio”.

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