Conferenza regionale economia e lavoro, Bracalente: “In Umbria, manifatturiero meno presente del terziario tradizionale”

Conferenza regionale dell’economia e del lavoro: a Palazzo Cesaroni oggi, tra gli altri, c’è stato l’intervento di Bruno Bracalente, Università di Perugia. Presenti, a seguire l’incontro, molti imprenditori, ma anche rappresentanti del mondo sociale, sindacale e istituzionale. Come sta l’Umbria? Ciò che emerge è una regione che dà segnali di ripresa ed è dinamica, ma con nodi strutturali ancora da sciogliere, in un contesto globale che chiede innovazione, qualità e nuovi modelli di organizzazione del lavoro.

Bracalente si è concentrato su ‘Produttività e redditività delle imprese umbre nell’Italia di mezzo”. L’area di riferimento è quella composta da Toscana, Umbria e Marche. Si nota uno sbilanciamento verso le classi a minore produttività. Più rilevante nel settore manifatturiero, meno in quello dei servizi. Tra le novità positive degli ultimi anni, la crescita della produttività. In Umbria, diverse imprese ottengono elevati risultati reddituali, puntando prevalentemente sul contenimento dei costi dei fattori produttivi e su una distribuzione più favorevole del valore aggiunto prodotto. Oltre che su una più oculata gestione non caratteristica, piuttosto che sulla produttività e sull’efficienza aziendale nell’attività produttiva.

Le imprese dell’Umbria, anche quelle eccellenti, investono poco su asset strategici come il marchio, il brevetto, la ricerca e lo sviluppo. Nell’industria manifatturiera, l’Umbria presenta un rapporto produttività/dimensione d’impresa poco in linea con l’area di riferimento. Tra le imprese che emergono maggiormente, c’è forse un problema di scala di produzione eccessiva rispetto a quella tecnicamente efficiente. Quelle a bassa produttività, oltre a essere proporzionalmente troppo numerose, sono mediamente più deboli e quindi più esposte al rischio di finire fuori dal mercato.

Come intervenire? Rafforzando il management, per esempio. Puntando al rafforzamento dell’intensità di capitale, in particolare per tecnologie dell’informazione e componente immateriale. Utili sono state definite pure le politiche per il miglioramento della qualità dell’input di lavoro, assumendo nuovi profili professionali e puntando sulla formazione specifica dei lavoratori occupati. Andrebbero fatte politiche di incentivazione della specializzazione produttiva, così come sostenute politiche d’attrazione di investimenti per rinforzare l’integrazione produttiva con le imprese locali, colmando alcuni vuoti o debolezze settoriali particolarmente evidenti nel sistema produttivo umbro, in particolare nella manifattura a più alta tecnologia e nei servizi a maggiore contenuto di conoscenza.

Bracalente ha spiegato: “Rispetto alla macro regione di riferimento, in Umbria il manifatturiero è meno presente (42% contro 69%), a vantaggio del terziario tradizionale, che è a minore valore aggiunto e produce meno ricchezza netta (17% nella macro regione, 12% in Umbria). Per il manifatturiero, la dimensione non è un problema specifico delle nostre aziende. Il punto debole delle imprese umbre è il grado di materializzazione , e lo si vede da quanta parte degli investimenti durevoli sono in immobilizzazioni immateriali. La redditività è stata recuperata negli ultimi anni: l’incidenza del valore aggiunto, rispetto al totale del valore della produzione, è in progressiva crescita. In termini di produttività del lavoro e di produttività del capitale. Buona l’autonomia finanziaria”.

Se nel settore manifatturiero c’è stato maggiore sviluppo, non altrettanto si può dire per il lavoro. Nel 2017 abbiamo lo stesso numero di imprese del 2016 (646 contro 675), gli occupati sono diminuiti di 4.379 unità. “La distribuzione del valore aggiunto premia in particolare i proprietari delle imprese, dall’11% del 2016 al 18% del 2017. Il valore aggiunto per dipendente, da 66 euro passa a 75. la produttività del capitale valore aggiunto su capitale investito dal 23 al 26%. Si potrebbe dunque agire con politiche e con misure di finanziamento agevolato, potenziando la produzione in modo da incidere sulla produttività del lavoro in modo positivo”.

Bracalente sottolinea come in Umbria serva “la qualità del lavoro manageriale. Un’azione formativa mirata, una contrattazione integrativa che tenga conto dei progressi nel valore aggiunto per commisurare i cambiamenti di retribuzione per dipendenti. Nel 2017, in Umbria, c’è stato un progresso in praticamente tutti gli indicatori, con un recupero che ha permesso all’Umbria di fare meglio della macro regione”. Il terziario, infine: “Per quello tradizionale, la produttività del lavoro è nettamente inferiore. Il costo medio pro capite del lavoro è più basso. La produttività del capitale è inferiore. È più ridotta la capacità di creazione del valore aggiunto, va meglio in termini di produttività. C’è uno scollamento tra produttività bassa, ma redditività che regge. Malissimo in questo caso il grado di dematerializzazione”.

Per quello avanzato, “sulle dimensioni c’è qualche debolezza, non per il numero di dipendenti, ma c’è un valore sottodimensionato per valore della produzione. La produttività del lavoro è inferiore, il costo medio pro capite è inferiore, la produttività del capitale superiore. Nell’ultimo anno migliora la redditività netta, in linea con quella operativa. Buona l’autonomia finanziaria, il grado di materializzazione è molto sotto ed è un elemento negativo. Andamento meno brillante della manifattura. Serve un’azione formativa mirata, aumentare la capacità di aggiungere valore. E migliorare la qualità del lavoro, per organizzare e posizionare meglio l’attività di queste aziende”.

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