Sacchetti biodegradabili: la polemica parte dall’Umbria

La “bioraffineria” che sforna il prodotto col quale realizzare i rivoluzionari sacchetti totalmente biodegradabili, che tanto fanno parlare in questi giorni, si trova a Terni, in Umbria, in una zona industriale, quella della vecchia Montedison, adusa alle grandi scoperte, tanto che proprio in quei laboratori Giulio Natta inventò addirittura il moplen. E’ la Novamont, l’azienda pensata dalla famiglia Gardini, proprietaria di Montedison, per cercare di convertire all’agricoltura, la chimica “dura ed inquinante” che, con la creazione del mater-bi, ha aperto altri scenari nel mondo della plastica e della battaglia contro l’inquinamento: niente altro che amido di mais e oli vegetali, elementi che sono alla base dei nuovi sacchetti biodegradabili ultraleggeri. La fabbrica viene continuamente implementata da un punto di vista tecnologico, per mantenere alta la produzione, e la qualità; i suoi successi vengono da lontano. Per dire: alle Olimpiadi di Sidney, all’interno del Villaggio potevano entrare solo shopper in mater-bi prodotto a Terni. Ma è stata una evoluzione culturale continua che ha portato ad avvicinare il prodotto alla gente sempre di più: l’ultima quella che il Governo Gentiloni ha concretizzato con il decreto l’obbligatorietà di usare quale shopper il prodotto assolutamente biodegradabile. Ora, l’interpretazione della legge, il fatto che si debba pagare anche se il consumatore si presenta con un contenitore proprio, sono aspetti importanti ma che attengono ad un’altra sfera di discussione, così come alcuni aspetti politici, che in tempo di elezioni vengono sollevati. Però quello che a qualcuno è sembrato un regalo per una fabbrica altamente tecnologica, in realtà racchiude un apprezzamento per quel “Made in Italy”, che fa orgogliosi gli italiani: “Il polimero di Mater Bi creato con elementi di origine vegetale, capace, una volta arrivato alla fine del suo ciclo vitale, di tornare alla terra come parte del ciclo naturale” come dicono in fabbrica.

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