Donatella Porzi: “L’Umbria riparte da formazione, innovazione e pmi”

Non è tutto nero. Né economicamente né socialmente. Ne è convinta Donatella Porzi, presidente del Consiglio regionale umbro, che ha analizzato i numeri dell’Umbria, parlato della ripresa economica i cui effetti scarseggiano a sentirsi anche tra i cittadini della regione e della situazione post-sisma.

L’Umbria pare essere in ritardo rispetto alle altre regioni italiane per quanto riguarda la ripresa economica: come mai?

I numeri complessivi non sorridono, ma non possiamo non dire che, a partire dal 2015, l’economia è tornata a crescere, con il Pil che è salito del 3,2% in due anni, l’occupazione è cresciuta, soprattutto per chi ha il tempo indeterminato, tornando quasi ai livello del 2007. Forti riduzioni tra gli occupati a tempo determinato o gli autonomi. Di fatto, l’Umbria ha perso di più e cresce di meno dell’Italia. Tanto c’è ancora da fare ma l’impegno c’è, come sul fronte delle infrastrutture per esempio.

Qui si è scontato un ritardo decennale, superato grazie all’apertura del tratto umbro della Perugia – Ancona e quindi al completamento del cosiddetto ‘Quadrilatero’. Ma si sta lavorando anche all’Alta Velocità e al superamento del digital divide, con interventi sinergici per portare in tutta la regione infrastrutture digitali da terzo millennio. Sta causando disagi e polemiche, ma è quanto mai fondamentale l’avvio dei lavori lungo il tracciato ex Fcu. Solo in questo modo saremo sempre più in grado di attrarre investitori.

Il Pil pro capite è precipitato dal 2007 al 2015 (-15,7%), tanto che oggi la regione è al di sotto sia della media nazionale sia di quella delle regioni vicine. E di molti punti. E solo il Molise ha fatto peggio dell’Umbria in questo periodo. Quali sono le ricette per tornare a livelli nazionali?

La formazione, la competenza diffusa, la rete e la sinergia, ma anche l’innovazione. Sono queste le parole d’ordine per superare il gap che i dati fotografano. Numeri che sono storie, volti, vite, in un contesto profondamente cambiato negli ultimi anni. Per questo serve puntare tutto sul rinnovare e rafforzare il senso di comunità, riannodando i rapporti tra le varie componenti della nostra Umbria, che dovranno concorrere alla definitiva ripresa. Serve mettere in comune buone pratiche per rafforzare quel grande tessuto di piccole e medie imprese di cui l’Umbria è ricca.

Questo può essere fatto con una sempre maggiore sburocratizzazione della Pubblica amministrazione, riducendo i tempi per autorizzazioni e pratiche. Come Assemblea legislativa, la massima istituzione regionale dove sono rappresentate maggioranza e opposizioni, abbiamo dimostrato la massima apertura all’ascolto di tutte le problematiche territoriali, ricevendo dal 2015 decine di delegazioni di lavoratori, favorendo il dialogo con l’esecutivo regionale. Come presidente di un organo assembleare sono pienamente convinta che è proprio attraverso il dialogo, l’ascolto e lo studio che possiamo riuscire a colmare i deficit che ci appesantiscono.

Tante vertenze, tra cui la Perugina è la più importante: come fare per salvare posti di lavoro ed evitare un ulteriore spopolamento dell’Umbria?

La Perugina è forse la vertenza più rappresentativa ma, purtroppo, non è l’unica aperta sul territorio regionale. In questi giorni si sta lavorando sulla Colussi di Petrignano d’Assisi, ma c’è anche l’Ex Pozzi, la difficoltà ormai cronica della fascia appenninica alle prese con la Ex Merloni, la ceramica e l’edilizia. Un quadro complesso, che ha tentato di resistere all’onda d’urto della crisi grazie alla dedizione dei lavoratori e delle loro famiglie nei confronti del proprio lavoro. Per far fronte a questo, è fondamentale il lavoro di monitoraggio aperto dalla Giunta regionale con le parti sociali.

Il dato più allarmante che comunque emerge non è tanto la crisi, quanto la sfiducia che c’è tra i giovani, che sempre più spesso scelgono di abbandonare la nostra regione. Senza i giovani, che sono il nostro futuro, ma soprattutto il nostro presente, non c’è rilancio dell’Umbria e non c’è ripresa. Per ovviare a tutto ciò, serve in primo luogo una prese di coscienza maggiore del quadro regionale, con un forte riorientamento legato alla formazione, per nutrire un sistema imprenditoriale e industriale di competenze professionali preparate sempre di più alla modernità.

La ripresa, in un mondo sempre più globalizzato, passa anche attraverso un rafforzamento dell’identità regionale, in cui l’industria e l’artigianato l’hanno fatta da padrone. Senza prescindere, ovviamente, dai settori trainanti dell’economica umbra: il turismo in questi anni è l’unico settore costantemente cresciuto, facendo registrare un +8% e facendo da traino ad alloggio e ristorazione”.

Passiamo a parlare dei ruoli delle donne nei posti che contano. L’Umbria è l’unica regione italiana guidata da una donna, insieme al Friuli Venezia Giulia: quanto tempo dovrà passare perché le pari opportunità diventino davvero tali?

L’Umbria non è nuova a una guida in rosa, avendo già conosciuto una timoniera come Maria Rita Lorenzetti, che ha gestito la Regione nel dopo terremoto del 1997 e, con la presidente Catiuscia Marini e, dal 2015, con la mia elezione alla guida di Palazzo Cesaroni, ha scelto di affidarsi a un tandem completamente rosa.

Quanto alle pari opportunità, si sono fatti passi avanti e l’Umbria può contare su una struttura all’avanguardia come il Centro regionale per le pari opportunità e, in questa legislatura, si è anche dotata di una legge sulle politiche di genere che sta portando alla stipula di un protocollo contro la violenza di genere. Un grande lavoro istituzionale che vuole essere da apripista per un cambiamento di paradigma culturale che nell’Umbria è comunque maturo.

Per quanto non concerne strettamente la nostra Regione, credo sia da promuovere una consapevolezza adeguata a raggiungere una pari dignità tra i generi attraverso la quale possano essere riconosciuti gli sforzi e le qualità di ognuno. Abbiamo molti strumenti che servono a diffonderla ma non dobbiamo confondere lo strumento con il fine.

Un’ultima domanda sulla ricostruzione post terremoto: può essere davvero un’opportunità di rilancio per l’economia umbra? Si riuscirà a compiere un post terremoto da manuale come quello del 1997?

La ricostruzione del 1997 ha contribuito alla creazione di quello che viene definito ‘modello Umbria’, con una pragmatica capacità di ripartire, mettendo in rete buone pratiche, realtà imprenditoriali e tecniche per ricostruire dove era e com’era. Un modello che ha fatto sì che i danni dell’Umbria fossero pesanti, ma non tali da causare vittime.

Il 2017 però non è il 1997, ma le esperienze non passano mai invano, lasciano qualcosa e noi vogliamo riprendere quanto di positivo è stato fatto vent’anni fa; da lì migliorare ancora. Saremo in grado di ricostruire dove era, ma meglio di prima, assicurando un futuro alla Valnerina, che è una delle perle dell’Umbria, e a tutti i centri colpiti dal sisma. Un risultato che dovrà essere raggiunto con l’aiuto di tutti, solo la rete e la sinergia riescono a condurre più velocemente al traguardo. Sarà fondamentale, inoltre, che i riflettori nazionali e internazionali non si spengano. Sarà necessario raccontare al meglio gli sforzi che tutti stiamo compiendo per la Valnerina.

Quanto alla ricostruzione come rilancio dell’economia umbra, si deve partire dal mantenimento dell’esistente. Una sfida che, come Istituzioni, ci vede impegnati in prima linea e che ha permesso di disegnare una serie di ‘aiuti’ per gli imprenditori del cratere a partire dalla zona franca urbana e la sospensione dei mutui. Ricostruire dopo una tragedia come quella del terremoto è una sfida ardua, ma anche un’opportunità eccezionale per mettere in campo i miglioramenti auspicati, con la speranza che non sia uno sforzo fine a se stesso ma serva al rilancio.

L’Assemblea legislativa, dal suo canto, vuole essere protagonista di questa fase e lo è già, con diverse iniziative per la Valnerina, come la raccolta fondi delle Assemblee regionali per le quattro regioni terremotate, che ha portato alla raccolta di un milione di euro che, per la parte dell’Umbria, sarà impiegato nella costruzione di strutture di utilità sociale.

Exit mobile version