Dott. Carmine Ciccarini: «Atrofia ottica? La soluzione sarà l’NGF della Montalcini per via endovitreale»

Medico oculista

Carmina Ciccarini

Atrofia ottica di Leber, atrofia ottica dominante e neuropatia ottica ischemica hanno un denominatore comune: la presenza, più o meno evidente, di un danno neuronale. La causa è una mancanza di energia nelle cellule sotto forma di ATP. Ma qual è, ad oggi, lo stato delle terapie? «Visto che la terapia genica è ancora lontana da un’applicazione clinica di massa – scrive in una delle sue ultime pubblicazioni il Dott. Ciccarini –  uno dei pochi farmaci attivi per la cura dell’atrofia ottica è l’Idebenone o Raxone; questa sostanza ripristina la funzione mitocondriale distruggendo i radicali acidi che si formano causando la progressiva morte del neurone».

Parlando nello specifico della neuropatia ottica ischemica, già il professor Johnsonn dell’Università del Missouri, ha notato, durante la fase di sperimentazione del trattamento, che la Levodopa (farmaco normalmente usato per il morbo di Parkinson) può limitare la perdita visiva. Il 40% dei pazienti così trattati ha un miglioramento entro 3 mesi di trattamento, fino a un  paio di decimi.  La Levodopa, convertendosi in dopamina (neuro-trasmettitore retinico per le cellule ganglionari) ha effetti positivi sulla cura della patologia.

Il Dott. Ciccarini si spinge oltre: «Associando l’Idebenone alla Levodopa si potrebbe arrivare ad un ripristino, almeno parziale, delle cellule ganglionari; queste cellule poi contribuiscono a formare il nervo ottico». Le frontiere delle cure sperimentali, svelano insomma soluzioni ancora impensabili in Italia. Ma è lo stesso luminare dell’oculistica, formatosi nelle Università più prestigiose del mondo, a fissare dei paletti temporali: «Quando l’NGF della Montalcini sarà disponibile per via endovitreale, probabilmente la sorte per i pazienti affetti da atrofia ottica sarà decisamente migliore; ci saranno casi, presi tempestivamente, in cui si potrebbe ripristinare un’attività significativa». Ciccarini ci ricorda poi le altre tecniche attualmente in fase di sperimentazione. Tra cui la stimolazione elettrica del nervo ottico: come già dimostrato all’Università di Tubingen, potrebbe avere effetti positivi sugli scotomi (aree di non visione) migliorando il campo visivo dal 15 al 20%. Ma per qualsiasi dubbio è bene non rimandare la visita: spesso gli occhi possono raccontarci  molto più di ciò che ci trasmettono con la vista.

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