L’arte della “puntasecca”: un ritorno a Cervia

E’ un artigianato che sconfina nell’arte allo stato puro: la tecnica della “Puntasecca” è infatti una delle componenti della incisione su lastra metallica, il prodromo della stampa su carta e che non viene praticamente più rappresentata con l’avvento dell’informatica. E così diventa un’occasione poter vedere al lavoro, sino alla fine del mese, al Museo del sale di Cervia, Claudio Irmi e Giampiero Maldini, artisti del territorio specializzati proprio nella “Puntasecca”. Prima l’incisione e poi la stampa, come si conviene. E’ davvero necessaria un’abilità fuori dal comune per comporre la lastra, essendo sensibilissima alla pressione che poi rimanda al disegno. L’origine della incisione è catalogabile nel 1430, in Germania, dove al momento era più forte la spinta tecnologica e la ricerca di nuove ed importanti tecniche di riproduzione: la “puntasecca” è anche accostata all’acquaforte, che è la sua normale evoluzione, sistema rapido di incisione in sostituzione del bulino. Ancora due righe di storia: “ad utilizzarla in Italia sembra sia stato Francesco Mazzola detto il Parmigianino (1503/4-1540) mentre successivamente grazie a Callot (1592/3-1635) e Rembrandt (1606-1669) divenne un’importante forma d’arte. Sostanzialmente la calcografia si differenzia in base ai sistemi utilizzati per la preparazione della lastra. Nel bulino (la tecnica più antica) l’incisione si ottiene attraverso l’asportazione meccanica di materiale dalla superficie della lastra. Nella puntasecca l’incisione è ottenuta tramite la pressione di una punta, solitamente conica, deformando meccanicamente la superficie metallica. Nell’acquaforte e nell’acquatinta il tratto inciso si ottiene con un’asportazione chimica di materiale dalla superficie della matrice”.

Exit mobile version