Terremoto nelle zone rurali: Coldiretti, 2,3 miliardi di danni

Tra diretti e indiretti, si contano 2,3 miliardi di danni in strade, infrastrutture, case rurali, stalle, fienili, magazzini, stabilimenti di trasformazione, rivendite, macchie agricole, macchinari di lavorazione, animali morti o feriti. E ancora: danni per il calo nella produzione del latte e delle coltivazioni, per il crollo dei turisti e per la fuga dei residenti stessi. Nelle zone rurali colpite dal terremoto, come rilevato da Coldiretti nel suo Dossier #stalletradite, tutto questo è triste realtà.

Il documento è stato reso noto nel giorno in cui gli agricoltori di Abruzzo, Marche, Umbria e Lazio sono arrivati nella capitale, fin sotto Montecitorio, con animali e prodotti salvati dai crolli. In tutto, queste quattro regioni sommano 25 mila aziende e stalle di 131 Comuni, 292 mila ettari di terreni agricoli coltivati a seminativi e prati e pascoli da imprese per lo più a gestione familiare (il 96,5 per cento), come da elaborazioni Coldiretti su censimento Istat. Tanti gli allevamenti, con 65 mila bovini, 40 mila pecore e oltre 11 mila maiali, che a loro volta danno vita a caseifici, salumifici e frantoi. Attività che hanno subito un vero e proprio collasso dopo il sisma, con lo spopolamento che ha ridotto le opportunità di mercato.

Roberto Moncalvo, presidente di Coldiretti, dice: “Il terremoto ha colpito un territorio a prevalente economia agricola, che occorre ora sostenere concretamente per non rassegnarsi all’abbandono e allo spopolamento. La ricostruzione deve andare di pari passo con la ripresa dell’economia che, in queste zone, significa soprattutto cibo e turismo”. A rischio specialità conservate da anni e da generazioni, simbolo del ‘made in Italy’: dal pecorino di Farindola a quello Amatriciano, dalle lenticchie di Castelluccio al pecorino dei Sibillini, dal Vitellone bianco Igp alla patata rossa di Colfiorito Igp, dallo zafferano al tartufo, dal ciauscolo Igp al prosciutto di Norcia Igp, dalla mortadella di Campotosto al caciofiore dell’Aquila, alla ventricina teramana.

I prodotti locali che sono stati salvati, rischiano comunque di sparire per il crollo del 90 per cento del mercato locale a causa della fuga dei turisti e di chi qui risiede. “Fattori legati all’esodo forzato, ma anche ai ritardi nella costruzione di alloggi temporanei”. Ancora Coldiretti: “Gli effetti del terremoto si sentono nella presenza di turisti nei 3.400 agriturismi complessivamente attivi nelle quattro regioni, dove i turisti sono più che dimezzati, e nei 444 agriturismi che sono praticamente vuoti (115 in Umbria)”.

Castelluccio di Norcia vive una delle situazioni più difficili: “La semina delle lenticchie normalmente inizia nel mese di marzo, ma ci sono grosse preoccupazioni anche per la viabilità compromessa dal terremoto che costringe i produttori a un vero e proprio percorso di guerra per raggiungere l’altipiano”. Occorre dunque, nella zona compresa nel cratere del sisma, costruire le stalle provvisorie, abbattere la burocrazia per gli allevatori che da soli vogliono acquistare le strutture. E poi: sistemare le strade, dare aiuto alle imprese terremotate con l’erogazione immediata dei fondi previsti dal decreto legge Sisma Italia e il pagamento degli aiuti diretti per il mancato reddito (400 euro/capo bovino, 60 euro/capo ovi caprino, 20 euro/capo per suino, 100 euro /capo equino). “Servono anche sgravi fiscali alle famiglie, alle imprese e per chi investe nelle aree terremotate, oltre a incentivi per favorire e accelerare la ripresa e i flussi turistici, con la detraibilità delle spese sostenute dai turisti per i soggiorni nelle strutture ricettive agrituristiche”.

Exit mobile version