In Italia cala il consumo di carne

La crisi della carne sembra non finire mai. Anche nel 2016 il consumo della carne in Italia, secondo il Rapporto Coop 2016 su statistiche Nielsen, è calato del 4%, considerando anche gli insaccati e gli altri prodotti derivati da macellazione di animali.  Con questo calo il consumo giornaliero medio di carne torna ai livelli di metà anni Ottanta, oltre trent’anni fa.

Nella grande distribuzione invece il calo delle vendite è stato del 2,2%, con una disparità molto forte tra i diversi prodotti. Se infatti i wurstel sono crollati del 16% e le carne in scatola del 10%, le carni rosse in genere hanno subito un decremento del 2,8%, mentre il prosciutto crudo è a -2,4%. A portare un po’ su la media ci hanno pensato dunque le carni bianche, con il pollo (+1,1%) e gli animali da cortile (+3%).

Tra le possibili cause, l’allarme lanciato dall’Oms sui possibili rischi per la salute collegati a un consumo eccessivo di carni rosse, il contenimento dei consumi alimentari, con un carrello della spesa alimentare più povero, e non da ultimo la sempre maggiore diffusione di diete che includono poca carne o che la escludono del tutto (vegetariani).

La tendenza a un minor consumo di carne è comunque una tendenza in atto a partire dal nuovo secolo. L’epoca d’oro della carne in Italia, se così si può chiamare, risale agli anni Settanta e Ottanta. Al giorno d’oggi invece sembrano essersi radicati pratiche di consumo e stili di vita diversi. Nelle tavole degli italiani ci sono sempre più legumi (+1,5%), uova e formaggi, che in parte sono sostituti della carne. Con buona pace di chi, e sono comunque ancora tanti, che non scambierebbe mai una fetta di carne di prima qualità.

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