Verso il recupero del cibo sprecato

Lo spreco alimentare in Italia vale qualcosa come 12,6 miliardi di euro l’anno. Secondo le stime, come riporta “Il Sole 24 Ore”, del Politecnico di Milano, le tonnellate di eccedenze ammonterebbero a 5,59 milioni, circa un sesto di ciò che viene globalmente consumato. Un dato allarmante, che non è solo segno di una mancanza di efficienza del sistema, ma in tempi di crisi uno schiaffo in faccia alle tante situazioni di precarietà sociale diffusa.

La catena dello spreco di cibo in Italia parte dalla fase di produzione, che incide per il 37%, mentre i cittadini sono comunque responsabili per circa il 43%. In pratica la colpa dello spreco va attribuita in larga parte ai nostri ritmi di consumo (compriamo più di ciò che ci serve e che poi utilizziamo), e in parte significativa a una catena distributiva che non ammette prodotti con “piccoli difetti”.

Che significa quest’ultima espressione? Talvolta è semplicemente un piccolo difetto di confezionamento, non certo una mancanza di qualità del prodotto. Per questo la grande distribuzione è in grado comunque di recuperare ogni anno 65.000 tonnellate di prodotti.

Con la nuova legge sulle donazioni sarà a breve possibile recuperare parte del cibo (e dei farmaci) espulsi dalla catena distributiva per donarli a fini sociali. Per Federdistribuzione “prima di questa norma assistevamo al paradosso che destinare i prodotti a rifiuto costava più che donarli. Questo a causa dei pesanti adempimenti burocratici necessari per fare le donazioni”.

Secondo le intenzioni del ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina, nel prossimo anno le donazioni dovrebbero almeno raddoppiare, per poi aumentare ancora leggermente una volta entrato a regime il nuovo sistema, che prevede sgravi fiscali e sconti per chi si impegna in tali progetti di recupero del cibo.

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