Il valore delle imprese culturali

Unioncamere e la Fondazione Symbola hanno presentato pochi giorni fa il rapporto “Io sono cultura. L’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi”. Un documento che illustra la diffusione del settore “cultura e creatività” nella nostra penisola.

Secondo i dati ufficiali, il settore nella sua globalità produce circa 90 miliardi l’anno, il che vuol dire il 6% del PIL nazionale. Tuttavia se si calcolano anche i settori che sono “attivati” dal sistema cultura (ad esempio l’occasione di una mostra in una città di provincia secondaria), la percentuale sale al 17%. Unioncamaere ha calcolato che per ogni euro prodotto dalla cultura, ne derivano altri 1,8 in settori quali il turismo o il commercio.

Forse allora non è tanto vero che in Italia con la cultura non si mangia. Anzi, l’occupazione riguarda molti giovani, con tassi più alti naturalmente nelle città d’arte. A sorpresa la top ten è guidata da Milano (10,5% degli occupati totali), che evidentemente dimostra come un’imprenditoria efficiente e la capacità di investire capitali siano fattori necessari per creare un sistema culturale dal valore aggiunto. A seguire Arezzo (9%), Roma (8,8%), Firenze (8%), Modena (7,7%).

Il valore aggiunto prodotto vede sempre in testa Milano con il 10,4%, seguita da Roma (10%) e Torino (9,1%). Soddisfatto il ministro della Cultura Franceschini che ha commentato: “Il fatto che il mio ministero quest’anno abbia avuto un aumento del 37% di risorse dimostra che il governo e il Parlamento credono nella cultura e nel turismo come veicoli di crescita economica”.

Al di là dei trionfalismi, tuttavia, persiste una nota negativa, legata alla situazione del Sud, dove, ad eccezione di Napoli, il sistema cultura funziona davvero poco, e l’occupazione legata alla creatività è confinata a poche isole felici.

Exit mobile version