Il lavoro pagato coi voucher

La polemica sull’utilizzo massiccio dei voucher coinvolge personalità del mondo politico e dell’economia. C’è chi la considera all’estremo una moderna forma di sfruttamento per nascondere un po’ di lavoro commissionato in nero, chi da imprenditore ne vede i vantaggi per necessità temporanee di forza lavoro.

Fatto sta che lo strumento dei voucher c’è, non è stato ancora riformato, e il suo utilizzo è massiccio in diversi campi. Un nuovo studio dell’Inps Veneto calcola in circa 2 milioni e mezzo il numero dei lavoratori pagati in Italia con voucher tra il 2008 e il 2015. Ma un altro dato è più significativo: nel 2008 (anno di introduzione dei voucher), coloro che venivano pagati con questo strumento erano appena 25mila, oggi sono 1 milione e 380mila (dato del 2015).

Il voucher come è ben noto, ha un valore lordo di 10 euro (7,5 netti). All’inizio il loro utilizzo era stato pensato solo per i lavori occasionali di studenti e pensionati, non per la forza lavoro regolare.

L’anno 2015 è stato quello dei record con ben 115 milioni di voucher venduti, per un compenso di 860 milioni di euro. Ma chi sono i lavoratori pagati con i voucher? Secondo la ricerca Inps Veneto, principalmente donne, età media 36 anni, nel 30 per cento dei casi occupati presso aziende private. I voucher sono quindi in gran parte strumenti di pagamento supplementari rispetto a uno stipendio o un’altra entrata. Le cifre infatti sono molto basse, appena 500 euro in media all’anno, per quasi un milione di voucheristi.

Da qui sorge il sospetto, più volte dichiarato pubblicamente da Tito Boeri, presidente dell’Inps, che siano utilizzati in modo inappropriato. In alcuni settori come l’industria non ce ne sarebbe alcuna necessità (se non in periodi molto limitati di tempo).

I settori in cui sono più diffusi sono tuttavia altri: la ristorazione, gli alberghi, le aziende alimentari, le costruzioni. Curiosamente, nel settore agricolo, quello per cui inizialmente era stato ideato questo strumento, vengono poco utilizzati. Forse maggiori controlli e un intervento legislativo del governo appaiono azioni ormai necessarie.

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