Come riportato dal “Sole 24 Ore”, c’è un segmento di mercato, piuttosto in buona salute, che non sfrutta affatto uno strumento che potrebbe rivelarsi molto prezioso: i minibond.
Stiamo parlando delle aziende del settore vinicolo. Secondo i calcoli riportati da Crif Ratings (una società di rating del gruppo Crif), le prime 15 per fatturato hanno un peso dei costi di magazzino che incide per oltre il 50%.
Un dato che potrà apparire sconvolgente per altri rami d’impresa, ma che non lo è per le cantine disseminate in tante regioni italiane, il cui vino prodotto è spesso il risultato di una lavorazione e di un “riposo” nelle botti lungo diversi anni.
Proprio questa specificità delle aziende vinicole, le rende sensibili più di altre ai minibond, uno strumento di finanziamento alternativo rispetto al classico prestito tramite le banche. Spiega Paolo Bono al “Sole 24 Ore”, Associate presso la società che ha prodotto questa ricerca: “Il tessuto imprenditoriale è costituito quasi esclusivamente da piccole e medie imprese; allo stesso tempo il posizionamento di prezzo e il livello dei margini unitari risultano positivamente correlati con l’offerta di vini invecchiati che alimentano il valore delle rimanenze e necessitano di una pianificazione finanziaria di medio e lungo periodo”.
L’eventuale garanzia dell’obbligazione emessa con i minibond sarebbe costituita proprio dal valore del magazzino. Per le aziende del settore, in gran parte tutte medio-piccole, un’opportunità in più da valutare senz’altro.