Troppi contributi per l’editoria italiana

Se alcuni giornali come “Il Fatto Quotidiano” vanno orgogliosi della loro indipendenza e del rifiuto di finanziamenti pubblici, c’è una grossa fetta dell’editoria italiana che ne usufruisce. Molti giornali e periodici, senza i contributi dello Stato, sarebbero probabilmente costretti a chiudere, o verrebbero quantomeno molto ridimensionati nella loro organizzazione e nel personale.

Il governo Renzi, intenzionato a disciplinare con una riforma il sistema dei contributi, secondo criteri più trasparenti e oggettivi, ha nel frattempo reso noti i contributi dell’anno passato, il 2014. La cifra globale è stata di oltre 30 milioni, divisi per 46 testate, sia nazionali che locali. A questo dato vanno aggiunti quelli per imprese cooperative e altri enti.

Tra le testate che hanno ricevuto i maggiori importi, “Avvenire” (3 milioni e 800.000 euro circa), “Italia Oggi” (3 milioni circa) e “Il Manifesto” (quasi 2 milioni). Altri quotidiani hanno ricevuto cifre inferiori, ma comunque indispensabili per tenersi a galla, vista l’emorragia di copie vendute e abbonamenti.

Il governo intende comunque cambiare regime, già a partire dal 2015. In Parlamento presto si discuterà la bozza presentata dal sottosegretario all’editoria Luca Lotti, incentrata su un unico finanziamento che coprirebbe il quinquennio 2015-2020. Il criterio delle effettive copie vendute dovrebbe essere quello principale, anche se da più parti è stato fatto notare come spesso non è semplice controllare tale numero, visto che alcuni giornali ricorrono ad autodichiarazioni.

Di certo è tramontato il periodo dei finanziamenti a pioggia. La torta da spartirsi sarà sempre più piccola e le diverse aziende avranno bisogno di vincere almeno in parte la sfida del mercato e della concorrenza. Una concorrenza che giunge dalla rete oltre che dalla tradizionale carta stampata.

Exit mobile version