Barilla punta sullo “smart working”

In un prossimo futuro in Italia avremo sempre più smart workers. Sono i lavoratori che non timbrano un cartellino o varcano ogni giorno della settimana le porte di un ufficio. Lavorano da casa o da qualsiasi altra postazione, con un computer, un cellulare e altri strumenti.

Grandi aziende come Barilla percorrono questa via già dal 2013. Il colosso del settore alimentare, con sede centrale a Parma e con 29 stabilimenti nel mondo, ha infatti coinvolto 1.200 dei suoi oltre 8.000 addetti in progetti di smart working.

La Barilla ha individuato i lavoratori da inserire nel progetto principalmente tra le donne dai 30 ai 50 anni e tra coloro che compiono lunghi percorsi casa-ufficio. Per chi pensa che il lavoro da casa sia meno dispendioso, risponde la responsabile delle risorse umane, Alessandra Stasi: “In primo luogo (lo smart working) è lavorare dovunque, comunque e in qualunque momento”.

Per le aziende come Barilla, puntare su questa nuova modalità di lavoro, resa possibile dalle nuove tecnologie digitali, vuol dire risparmiare molto su alcuni costi. Per il lavoratore, a parità di stipendio, può essere un’opportunità per riuscire a bilanciare meglio lavoro e tempo libero.

Il governo italiano, vista la diffusione del fenomeno, ha deciso di intervenire con il ddl Sacconi, in discussione al Senato, che introdurrà alcune regole sia per le aziende che per i lavoratori. Un intervento volto probabilmente ad evitare abusi e distorsioni di una modalità di lavoro 2.0 già ampiamente utilizzata nei paesi anglosassoni.

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