Contraccezione, l’Italia è indietro

La società italiana di ginecologia e ostetricia parla chiaro. Il 42% delle ragazze under 25 durante il primo rapporto sessuale non usa alcun metodo contraccettivo. Un dato clamoroso se si pensa che siamo nel 2015 e che dai tempi della rivoluzione sessuale degli anni ’60 molta strada è stata fatta, in termini di alfabetizzazione sessuale.

Evidentemente non è così. In Italia sono poche anche le donne che utilizzano la pillola anticoncezionale: il dato è del 16%, contro percentuali ben più alte nel resto dei paesi europei: dal 30% della Gran Bretagna al 52% della Germania, al 60% del Portogallo.

I rapporti non protetti in Italia sono dunque sensibilmente maggiori che in altri paesi, il che ha una serie di ricadute negative: dalle gravidanze indesiderate, cui fa seguito talvolta la scelta di abortire, alla possibilità di contrarre malattie, dalla gonorrea all’epatite, fino all’Aids.

In un opuscolo distribuito a fine 2015 nelle farmacie del territorio italiano e in alcuni ospedali, l’Osservatorio nazionale sulla salute della donna in collaborazione con il Miur descrive i rischi connessi all’assenza di metodi contraccettivi durante un rapporto sessuale. Spesso, secondo la sessuologa Rossella Nappi “quando si tratta di contraccezione lasciamo fare al partner, che il più delle volte non vuole usare il profilattico, e questo provoca dei danni”.

Un altro problema, dice la presidente dell’Osservatorio intervistata dal “Fatto Quotidiano”, “è rappresentato dalle scarse conoscenze che gli adulti hanno in materia. Un corretto utilizzo dei metodi contraccettivi permette di non dover ricorrere a un’interruzione volontaria di gravidanza che, oltre a essere un’esperienza dolorosa per la donna, risulta un fallimento delle politiche di prevenzione e pianificazione della salute sessuale e riproduttiva”.

Insomma, dal quadro che emerge sembra che ci sia ancora molto lavoro da fare. Nelle famiglie, a scuola e nei centri medici.

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