Nonostante i progressi nell’occupazione femminile, il divario pensionistico in Trentino rimane significativo. Le donne ricevono in media pensioni molto più basse rispetto agli uomini, con solo una su cinque che raggiunge i 2.000 euro mensili, contro un uomo su due. Questo dato evidenzia una disparità di genere che riflette le condizioni storiche del mercato del lavoro, ma che continua a influenzare negativamente le lavoratrici di oggi.
Il segretario della Cgil Trentino, Andrea Grosselli, ha sottolineato che le pensioni attuali rispecchiano le carenze del mercato del lavoro passato. Interruzioni contributive, lavoro part-time involontario e retribuzioni più basse contribuiscono a questa situazione. Anche se oggi il tasso di occupazione femminile ha raggiunto il 65%, con picchi del 75% tra le donne di età compresa tra i 24 e i 45 anni, molti fattori limitano ancora la piena partecipazione delle donne al mercato del lavoro e ne condizionano le prospettive pensionistiche.
Nel settore privato trentino, la situazione non migliora: le donne guadagnano mediamente il 37% in meno rispetto ai colleghi uomini. Questo gap retributivo ha ripercussioni dirette sulle pensioni future, aggravando ulteriormente la disuguaglianza economica tra i sessi.
Il problema delle pensioni per i giovani è altrettanto allarmante. Con l’aumento dell’età media e dell’aspettativa di vita, la pensione rischia di diventare un obiettivo sempre più lontano per le nuove generazioni. Michele Bezzi, segretario trentino della Cisl, sottolinea che la previdenza complementare sembra essere l’unica via percorribile per i giovani, i quali devono iniziare a costruire il proprio futuro previdenziale fin da subito. Secondo Bezzi, i genitori dovrebbero considerare l’apertura di un fondo pensione complementare già alla nascita dei figli, per garantire loro una sicurezza economica a lungo termine.