L’inflazione mette in allarme anche la suinicoltura

salumi

Cremona ospiterà Suinicoltura Congress (www.suinicolturacongress.it) il più importante evento suinicolo nazionale che EV Edizioni Veterinarie srl ha organizzato per il 27 febbraio 2023 e che si terrà a Palazzo Trecchi a partire dalle ore 9.

Il titolo del convegno è: “Sanità, tecnologia, sostenibilità economia i driver della suinicoltura moderna” e sarà un’occasione unica per gli allevatori e per tutti gli operatori del settore di approfondire e confrontarsi sui principali temi di una delle voci più importanti dell’agroalimentare italiano (vai al programma).

L’inflazione rischia di rendere non remunerativi i salumi tutelati, che richiedono lungi tempi di stagionatura. Spiega Gabriele Canali, direttore del Crefis (Centro ricerche economiche sulle filiere sostenibili dell’Università Cattolica del Sacro Cuore) e tra i relatori del convegno:  “Le quotazioni dei suini da macello che stiamo registrando da diverse settimane a questa parte non potranno durare in eterno. Temo che fra non molto vedremo gli effetti negativi causati dall’inflazione e per i salumi del circuito tutelato come il Prosciutto crudo di Parma e/o di San Daniele, entrati in stagionatura a prezzi crescenti, il rischio sarà quello di uscire da questa fase produttiva a prezzi non remunerativi, con inevitabili ripercussioni e ricadute negative sull’intera filiera suinicola italiana”.

Per Canali l’attuale andamento dei prezzi  non è equilibrato e se da un lato premia gli allevatori con quotazioni che viaggiano intorno ai 2 euro/kg da diverse settimane, dall’altra penalizza la redditività dei macellatori e degli stagionatori creando uno squilibrio all’interno della filiera. “Siamo di fronte una specie di vasi comunicati dove però manca, e occorre trovarlo, un bilanciamento: da una parte si registra un minor potere d’acquisto dei consumatori con una riduzione della domanda e dall’altra un aumento dei prezzi, è evidente che in questo contesto è difficile garantire una equa redditività all’intera filiera”.

“Dopo un 2022 particolarmente turbolento sul fronte dei rincari delle materie prime e dei costi energetici – continua Canali – l’auspicio non può che essere quello di un ritorno a quotazioni meno straordinarie che di conseguenza portino a valutazioni del prodotto finale più contenute pur mantenendo la redditività di tutti gli anelli della filiera. Le prospettive sembra vadano in questa direzione e segnali positivi, pur con tutte le cautele del caso, arrivano proprio dai costi energetici con il gas tornato a quotazioni pre-conflitto ucraino. Personalmente ritengo che da questo punto di vista la fase peggiore sia ormai superata e anche i prezzi delle materie prime dovrebbero beneficiarne”.

Purtroppo su questo fronte ci troviamo a fare i conti con un deficit di mais e soia molto preoccupante. “Indubbiamente – risponde Canali – e non riguarda solo l’Italia ma tutta l’Europa. Per superare questo gap la strada da percorrere è lo sviluppo dei contratti di filiera, uno strumento in grado di stimolare una maggiore produzione soprattutto di mais: su questo fronte c’è ancora molto da fare proprio per dare un impulso a interventi strutturali nel settore che favoriscano un’inversione di tendenza”.

Quali sono le prospettive del settore suinicolo italiano alla luce di tutti gli avvenimenti che hanno caratterizzato questi ultimi tre anni a partire dalla pandemia? “È un momento di grande trasformazione  – risponde Gabriele Canali – a iniziare dai Disciplinari di produzione delle Dop che sono proprio al centro di questo processo, ma non dobbiamo dimenticare che le maggiori criticità per il settore suinicolo  sono di carattere strutturale e le normative sempre più stringenti sul benessere animale costringeranno molti allevatori ad affrontare importanti investimenti con carichi finanziari cospicui che, ancora una volta, chiamano in causa i contratti di filiera, strumento che ritengo indispensabile per far fronte a queste nuove e impegnative esigenze perché potenzialmente in grado di contenere le criticità finanziarie che si potrebbero determinare. C’è poi un altro aspetto da considerare e riguarda la richiesta mondiale di proteine animali proveniente da Paesi dove il migliorato stato di benessere economico consente alla popolazione locale di nutrirsi con alimenti di qualità. È uno scenario che va considerato non prima però di aver individuato i nostri mercati di riferimento: se vogliamo esportare i nostri salumi, dobbiamo prima di tutto identificare i Paesi europei ma soprattutto extraeuropei che per popolazione e reddito possono rappresentare un mercato interessante da intercettare. In buona sostanza, posto che in Italia il mercato è già saturo e non possiamo pensare a un aumento della domanda, se vogliamo attrarre fette di mercato internazionale dobbiamo innanzitutto individuare i Paesi dove la capacità di spesa e la richiesta di alimenti a base di proteine animali è più alta”.

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