L’erba medica rende più del frumento

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L’erba medica rende più del frumento e della soia. La redditività di varie colture è stata messa a confronto in un’indagine condotta da AIFE Filiera Italiana Foraggi condotta a partire da una serie di dati prodotti dalla Rete d’Informazione Contabile Agricola (RICA) e dal Consiglio per la Ricerca e l’Analisi dell’Economia Agraria (CREA) relativi a un panel di aziende situate in Pianura Padana valutate per 5 anni nel periodo 2016-2020.

“È sbagliato – la premessa del presidente di AIFE, Gian Luca Bagnara – pensare che la redditività delle aziende agricole è garantita dal contributo Pac. In realtà è il mercato a determinarla. E per migliorarla, soprattutto in periodi così complessi come quelli che stiamo attraversando, occorre un’analisi seria e approfondita di tutti gli aspetti che possono andare in questa direzione prendendo decisioni appropriate”.

Il campione di aziende coinvolte ha riguardato oltre 800 realtà imprenditoriali e quattro colture specifiche: erba medica, frumento tenero, mais e soia per un’estensione coltivata complessiva di 11.000 ettari. “L’analisi degli indici economici, che hanno considerato la resa, il prezzo, la produzione lorda vendibile e i costi – spiega Bagnara – ha evidenziato che il mais, nel quinquennio considerato,  è stata la coltura che ha generato in media il maggior margine operativo seguita a ruota dall’erba medica: 725 euro/ettaro per il mais e 610euro/ettaro per l’erba medica. Significativo il divario rispetto al frumento, 423euro/ettaro, e alla soia, 377euro/ettaro. Questi dati ci consegnano quindi una certezza: l’erba medica è un’ottima risposta alla redditività delle aziende e soprattutto, con l’avvento della nuova PAC che entrerà in vigore il 1 gennaio 2023, si calcola che il suo margine operativo medio crescerà ulteriormente e si allineerà a quello del mais. Non solo – continua il presidente Bagnara – Secondo la FAO, da qui al 2031 i mercati internazionali aumenteranno la richiesta di mangimi soprattutto nei Paesi a medio-basso reddito come la Cina, l’Africa, l’Asia, dove l’incremento è valutato nell’ordine del 2% annuo a fronte di un più modesto 0,5-1% che verrà richiesto dai Paesi a reddito medio-alto”.

Inoltre, la maggiore richiesta di prodotti destinati all’industria mangimistica sarà orientata verso prodotti a basso contenuto proteico. Un contesto in cui l’erba medica assume un ruolo centrale, perché grazie alla sua componente fibrosa garantisce una combinazione equilibrata tra proteine e fibra. Attualmente l’Italia esporta oltre 150 milioni di euro di prodotto in oltre 10 Paesi del mondo. Non vi è alcun dubbio quindi che per gli agricoltori la coltivazione di erba medica rappresenta una grande opportunità sia in termini di potenziale sviluppo che di redditività, un’opportunità che deve essere considerata alla luce degli scenari economici internazionali e delle conseguenze dettate dai cambiamenti climatici. Il rischio di produzione, inoltre, può essere abbattuto attraverso contratti di filiera anche pluriennali.

“Il periodo delle semine è ormai alle porte – conclude Gian Luca Bagnara – e alla domanda che ogni agricoltore si pone su cosa sia meglio seminare nei suoi terreni, la risposta può essere semplice quanto scontata: erba medica”.

AIFE/Filiera Italiana Foraggi conta una base associativa di circa 30 aziende di trasformazione situate in diverse regioni italiane. Copre circa il 90% della filiera dei foraggi essiccati e disidratati a livello nazionale con una produzione che sfiora 1 milione di tonnellate/anno, il 60% del quale segue la via dell’export. Con l’indotto genera un fatturato di circa 450 milioni di euro/anno e complessivamente dà lavoro a circa 13.500 persone.

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