Luigi Branà, consulente del lavoro: «La formazione come volàno per rilanciare i mestieri artigiani»

L’Italia nei prossimi decenni? Un Paese sempre più vecchio con conseguenze pesanti sulla forza lavoro: le stime della Fondazione Di Vittorio della Cgil disegnano uno scenario preoccupante per il nostro Paese, alle prese con un invecchiamento che avrà un impatto forte sul mercato del lavoro. E i dati Eurostat confermano il trend: nel 2050 vi saranno in Italia oltre due milioni di 50enni in meno rispetto al 2020, mentre i 40enni scenderanno da 9 a 7 milioni.

«È la conferma del fatto che avere migliori dinamiche demografiche oggi è benefico per l’economia e il welfare di domani – sottolinea Luigi Branà, consulente del lavoro e fondatore dell’omonimo studio ad Altamura, in provincia di Bari, dove si forniscono servizi per diverse esigenze aziendali, dall’elaborazione di paghe e adempimenti, alla consulenza e gestione dei rapporti di lavoro -. L’Italia dovrà invece affrontare una riduzione della forza lavoro. Questa si tradurrà sia in una mancanza di personale per l’industria e i servizi molto più severa di quella che si intravede oggi in alcuni settori, sia in un calo della domanda a causa della difficoltà di reperire maestranze qualificate sul mercato del lavoro. Fabbri, piastrellisti, saldatori: tutte figure sempre più rare e che poco attraggono le nuove generazioni forse attratte da lavori più da ufficio».

Contro bassa natalità e manodopera assente «è più fattibile, e sicuramente necessario, promuovere l’avvio di programmi di formazione o reskilling di giovani e meno giovani, occupati e disoccupati – prosegue Branà che grazie alla sua professionalità in area giuridico-economica fornisce assistenza anche per aspetti contabili, giuridici, assicurativi e previdenziali nella gestione dei rapporti di lavoro -. Bisogna agire in tempo: nonostante infatti l’artigianato pesi per il 9,5% sul Pil e rappresenti il 21,2% delle imprese, il mestiere dell’artigiano rischia di attrarre sempre meno giovani. E la scarsa reperibilità non è dovuta al reddito di cittadinanza perché in dieci anni si sono perse 28mila imprese di under 30, diminuite del 41,9% rispetto al 2011. Mentre sono cresciute del 47% le ditte individuali guidate dagli over 70, con punte che superano il 50% al Mezzogiorno».

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