Giornata nazionale dell’Ortopedia e Traumatologia 2022: le interviste

Dopo il successo dello scorso anno, anche il 4 giugno del 2022 è stato dedicato alla Giornata nazionale dell’Ortopedia e Traumatologia che in questa seconda edizione ha ricevuto il patrocinio del Ministero della Salute.

La SIOT (Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia) ha dedicato questa “giornata” numero due al rapporto tra medico e paziente con l’obiettivo di migliorare la comunicazione partendo dall’ascolto empatico, in continuità con il progetto di formazione “Primum non tacere”.

Perché una giornata dell’Ortopedia e Traumatologia

“Negli ultimi due anni c’è stata la completa interruzione dei rapporti e delle comunicazioni sociali e professionali e i pazienti ne hanno risentito moltissimo”, riferisce ad Adnkronos il presidente della SIOT, Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia, prof. Paolo Tranquilli Leali. “Lo scorso anno abbiamo voluto celebrare la ripartenza, risultato della capacità di resistenza e resilienza del sistema sanitario, e ora che ci siamo lasciati alle spalle la pandemia dobbiamo tornare a essere vicino alle persone”, prosegue. “L’ortopedico c’è ed è sempre pronto a fornire al paziente tutte le risposte di cui ha bisogno, ascoltandone paure e dubbi”, conclude.

Nell’ambito di questo progetto portato avanti su scala nazionale, la SIOT ha attivato l’indirizzo email ortopedico@siot.it al quale i pazienti possono scrivere per porre domande e chiedere chiarimenti. La risposta non sostituisce la visita medica, ma fornisce una consulenza indicativa, alla quale deve necessariamente seguire l’esame clinico di un ortopedico per una diagnosi e un’eventuale terapia.

La SIOT, inoltre, in occasione della seconda giornata nazionale dell’Ortopedia e della Traumatologia ha voluto sottolineare l’importanza del percorso di formazione per i giovani medici che scelgono di specializzarsi in ortopedia e per questo ha coinvolto l’Accademia Universitaria di Ortopedia e Traumatologia (AUOT).

Massima attenzione agli specializzandi

Lo scopo dell’Accademia Universitaria che riunisce tutti gli universitari italiani, – ci spiega il presidente dell’AUOT, prof. Alfredo Schiavone Panni – è formare gli ortopedici del domani. Formazione vuol dire non solo conoscenza delle tecniche mediche, ma gestione del rapporto con il paziente per garantire la buona riuscita dell’intervento chirurgico e della fase post operatoria, anche in collaborazione con la rete formativa ospedaliera OTODI”.

Siamo impegnati nell’uniformare la cultura delle varie scuole di specializzazione del Nord, del Sud e del Centro. Sappiamo che al Sud c’è bisogno di una presenza maggiore dei medici nonostante gli istituti di preparazione”, va avanti. “Spesso i pazienti non riescono a trovare qualcuno che esegua l’intervento chirurgico e per molti spostarsi comporta un importante sforzo economico. L’obiettivo non deve essere solo la creazione di poli e strutture, ma compensare il gap tra le strutture disponibili e l’assenza di personale sanitario”.

150mila interventi in lista d’attesa

Nel corso della seconda giornata nazionale dell’Ortopedia e della Traumatologia, la SIOT oltre ad annunciare l’avvio di workshop per preparare gli ortopedici a un approccio diagnostico più efficace, ha rimarcato la necessità di intervenire per ridurre le liste d’attesa. “A causa della pandemia, hanno subito ulteriori allungamenti: la comunità ortopedica lamenta 150mila interventi arretrati, fra protesi d’anca, ginocchia, caviglie, spalla, che vanno recuperati al più presto per restituire ai pazienti risposte non più rinviabili e garantire il diritto alla salute”, sottolinea il presidente della SIOT.

Azioni a tutela dei profughi ucraini

Proseguono anche le iniziative della SIOT, con il coinvolgimento di  tutta la comunità ortopedica (tra cui OTODI, Ortopedici Traumatologi d’Italia e SICOOP, Società Italiana Chirurghi Ortopedici dell’Ospedalità Privata, Fondazione FEMOR), per garantire assistenza sanitari ai profughi ucraini arrivati in Italia. “In un contesto di guerra come quello attuale, ognuno di noi ha il dovere di fare qualcosa. Quando abbiamo saputo che il nostro Paese avrebbe accolto quasi un milione e mezzo di persone in fuga dalla guerra, ci siamo subito posti il problema delle loro condizioni, soprattutto di quelle di donne e bambini arrivati da soli, così come dei pazienti oncologici”, dice il prof. Paolo Tranquilli Leali. “E’ bastato accennare il problema per avere immediatamente la risposta di diversi ospedali su tutto il territorio nazionale. Il primo è stato l’ospedale di Riccione, a cui hanno fatto seguito grandi eccellenze sanitarie come il Policlinico Gemelli di Roma e l’ospedale San Martino di Genova”.

Contestualmente la SIOT resta impegnata nella raccolta di strumenti chirurgici e kit medici da destinare a un ospedale ucraino. L’iniziativa è lanciata dall’ortopedico e socio SIOT Francesco Allegra assieme alla Onlus Il Caleidoscopio di Roma, in collaborazione con il collega Andrea Grasso e con il prof. Giuseppe Milano.

La riflessione sui fondi del PNRR destinati alla sanità

La Giornata nazionale è stata l’occasione per una riflessione sui fondi del PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza) destinati alla sanità.

“I fondi ci sono e sono cospicui, ma la loro ripartizione sembra ancora un po’ fumosa. Il problema è che manca il personale medico sanitario”, sottolinea Tranquilli Leali. “Non ci sono medici perché siamo costretti a fare i conti con un difetto di programmazione: negli scorsi anni non sono stati presi in considerazione i pensionamenti che, di fatto, hanno svuotato gli ospedali”, spiega. “Oggi in Italia il 25% della popolazione è over 65, mentre solo il 12% è under 18, il che significa che siamo obiettivamente un Paese di anziani”, sottolinea. “Bisogna anche considerare che per formare un ortopedico, sono necessari 11 anni: 6 anni di medicina più  5 di specializzazione. Servono programmazioni sul lungo periodo”, dice il presidente SIOT. “Anche gli infermieri sono in carenza, i posti sono aumentati nelle scuole, ma per coprire le attività ospedaliere servono almeno 20mila infermieri. Cerchiamo di utilizzare i fondi del PNRR per il personale sanitario, medici e infermieri, e iniziamo subito il lavoro di programmazione rendendo al tempo stesso il lavoro del medico più attrattivo”, aggiunge. “Non possiamo pretendere che chi lavora nel pubblico venga pagato con gli stipendi di 25 anni fa: i giovani, anche a causa di questo aspetto, scelgono altre strade con meno responsabilità rispetto a quelle del medico. I giovani sono spaventati dall’offerta proposta, andare magari a lavorare in un Dea di secondo livello è un rischio e si preferisce andare a lavorare in strutture mediche convenzionate dove non ci sono turni di guardia, notti, non si lavora i weekend o durante le festività”, va avanti. “Bisogna ritornare a concepire la professione del medico chirurgo come un’arte. E bisogna spingere i giovani verso la passione e soprattutto l’entusiasmo nel fare questo lavoro dettato da condizioni lavorative giuste e favorevoli”, conclude il presidente della SIOT.

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