Produzione di cereali, Confagricoltura Piacenza è preoccupata

Il 21 marzo a Bruxelles si è tenuto il Consiglio Agricoltura dell’Unione Europea per valutare iniziative da prendere per contrastare la crisi della guerra in Ucraina. Secondo le stime circolate, circa 4 milioni di ettari aggiuntivi potrebbero essere coltivati nel territorio UE. Il ministro ucraino dell’Agricoltura in collegamento ha evidenziato la carenza di sementi e carburanti e ha detto che, nella più favorevole delle ipotesi, la produzione agricola ucraina scenderà del 30%. Per scongiurare una grave carenza di offerta sui mercati internazionali, la UE deve utilizzare al massimo il proprio potenziale produttivo, eliminando ogni ostacolo alle semine.

Il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti ha detto che “grazie all’utilizzo dei terreni a riposo è destinata a salire la produzione europea di cereali e colture proteiche, ma la decisione dei ministri dell’agricoltura della UE potrebbe rivelarsi inadeguata rispetto all’intensità della crisi in atto”. Confagricoltura valuta positivamente la decisione di ricorrere alla riserva di crisi della Pac che metterà a disposizione dell’Italia circa 48 milioni di Euro. Il Consiglio Agricoltura dell’Unione ha anche esaminato la questione legata all’aumento senza precedenti dei costi di produzione, a partire da quelli dell’energia, ma ogni decisione è stata rinviata per attendere i risultati del Consiglio Europeo in programma il 24 e 25 marzo.

Filippo Gasparini, presidente di Confagricoltura Piacenza, si dice sconcertato perché è stata necessaria la guerra per riportare all’evidenza il valore della produttività agricola. A suo avviso va rivista l’intera impostazione della politica agraria, quindi l’impalcatura normativa che imbriglia l’agricoltura, non solo la Pac. “Una politica che genera prezzi bassi, disincentivando le imprese, genera il disimpegno dalla produttività, conseguentemente origina un’agricoltura debole e la dipendenza alimentare dalle importazioni, con il problema della reciprocità nel rispetto delle norme che disciplinano le produzioni”. Alla fine gli agricoltori, impoveriti da un sistema di prezzi bassi, hanno abbandonato alcune colture perché non era più conveniente produrle. Il conflitto in corso penalizza i coltivatori sia con i problemi all’accesso dei fattori produttivi, sia con le sanzioni sui prodotti agroalimentari.

Insomma, si deve tornare a produrre togliendo i lacci inutili che generano perdite nel sistema produttivo. “Abbiamo norme di benessere animale che vogliono i vitelli in cuccette singole, abbiamo l’esigenza di stoccare l’acqua in infrastrutture, ma i comitati del “no” impediscono opere inerti che non generano alcuna emissione”. Gli agricoltori sono annichiliti dalle tante regole che impediscono di irrigare, di aumentare la mandria in stalla, di contrastare efficacemente la fauna selvatica.

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