Riscaldamento climatico, Coldiretti stima 2 miliardi di danni nel 2021

Il clima è ormai impazzito e le conseguenze si notano anche dal punto di vista economico: l’andamento climatico anomalo del 2021 ha causato crolli dei raccolti pari al 25% per il riso, al 10% per il grano, 15% per la frutta e 9% per il vino, una vera ecatombe. A sostenerlo è il bilancio di fine anno della Coldiretti che stima un danno economico pari a oltre 2 miliardi di Euro per via di un inverno bollente, una primavera glaciale e una estate schizofrenica tra siccità e temporali, tutto questo mentre il Covid ha destabilizzava i mercati internazionali.

Il 2021 è stato un anno nero per i prodotti della Dieta Mediterranea come la frutta, scesa al minimo da inizio secolo: -4% per le mele, -65% pere, -10% per le susine e addirittura -293% per i kiwi. Non va meglio per le albicocche con -5% e per le pesche (-11%), per non parlare delle ciliegie. Ormai il cambiamento climatico non è più un’emergenza sulla carta ma una scomoda realtà: quest’anno è stato il nono più caldo dal 1800 con una temperatura superiore di ben 0,74 gradi rispetto alla media storica sulla base dei dati Isac Cnr relativi ai primi undici mesi dell’anno. Si sono contati sei eventi estremi al giorno lungo la Penisola fra tempeste di siccità, bufere di neve, vento, trombe d’aria e grandine, a testimonianza che ormai non c’è più nulla della vecchia normalità.

“Si parla ormai apertamente di tropicalizzazione – continua Coldiretti – una condizione che si manifesta con una più elevata frequenza di eventi meteo violenti con sfasamenti stagionali e territoriali, precipitazioni brevi ed intense ed il rapido passaggio dal sole al maltempo. Inoltre si vanno diffondendo patologie ed insetti dannosi per le coltivazioni come la cimice asiatica, giunta nelle nostre campagne grazie alla globalizzazione”.

Nel nostro paese gli scarsi raccolti sono stati accompagnati da rincari dei costi di produzione, dai carburanti ai fertilizzanti, dalle macchine agli imballaggi fino ai mangimi per alimentare il bestiame, che in alcuni casi hanno raggiunto il 50%. “Il rincaro dell’energia si abbatte poi a cascata sui costi di produzione per gli imballaggi, plastica per i vasetti dei fiori all’acciaio per i barattoli, vetro per i vasetti e altro”. A risentirne sono bottiglie per olio, succhi e passate, alle retine per gli agrumi ai barattoli smaltati per i legumi. Purtroppo cambiamenti climatici e Covid stanno innescando un cortocircuito sul fronte delle materie prime nel settore agricolo, già a rischio per via della volatilità dei listini.

C’è bisogno di un piano di potenziamento produttivo e di stoccaggio per le principali commodity, dal grano al mais fino al piano proteine nazionale per l’alimentazione degli animali in allevamento per recuperare competitività rispetto ai concorrenti stranieri. In effetti l’agricoltura è il settore più esposto ai cambiamenti del clima, si tratta di una sfida nuova per le imprese che devono fare i conti con i cicli delle colture e la gestione delle acque.

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