Analogie tra la radioestesia di Roberto Kechler e l’algoritmo di Google: ciò che è invisibile è enormemente più importante di ciò che si vede.

Sembra un paradosso ma secondo alcune riflessioni di Gino Tafuto – consulente di comunicazione online e web marketing – potrebbe essere proprio così.

“Gestivo un piccolo hotel in una settecentesca masseria di Puglia – ricorda Tafuto – e venivano spesso a soggiornare da noi Roberto Kechler e la moglie Elisabetta Kustermann. Diventammo amici e Kechler cominciò a parlarmi di energie sottili che ci circondano e di cui siamo composti e di come la radioestesia e la radionica possano in qualche modo farci interagire con ciò. Inizialmente ero un po’ scettico, cominciai poi ad osservarlo ed ascoltarlo con più attenzione quando mi mostrava come con un semplice “pendolino” ci si poteva mettere in contatto con quanto inconsciamente conosciamo, ad insaputa della nostra parte “razionale”. Avevo già letto di studi di psicologia, neuroscienze e biologia cellulare che concettualizzavano ciò che poi Bruce Lipton sintetizzò nei suoi studi: l’inconscio processa le informazioni alla velocità di 40 milioni di bit al secondo, mentre la mente cosciente è molto più lenta e processa i dati a soli 40 bit al secondo. Kechler mi aprì un mondo: come arrivare, almeno in parte, a quella incredibile mole di informazioni “nascoste”?

<Annullando ogni tanto la tua parte logica e dando spazio a quella inconscia>, mi rispose lui col sorriso bonario di un fisico quantistico. Infatti, nel suo blog radionich.tech, Kechler consiglia di praticare la Radiestesia (e la radionica) in fase mentale Theta, stato di rilassamento molto profondo, quello usato in ipnosi e durante la fase R.E.M. del sonno.”

Interessante la comparazione col nostro ormai quotidiano rapporto con Google: in stato ormai quasi inconsapevole rivolgiamo al suo mastodontico e “sconosciuto” algoritmo (non possiamo più nemmeno immaginarne la vastità) domande stringate di poche parole, ottenendo una certa quantità di risposte su cui riflettere e da cui scegliere le nostre soluzioni.

“Chi studia Google per lavoro come me, – prosegue Tafuto – dovendo creare e gestire piani di comunicazione online, farebbe bene ad “annullare” ogni tanto la propria neocorteccia per meglio immedesimarsi in tutte le altre menti che compulsivamente e rapidamente scriveranno nella “barra di ricerca” le parole con cui cercano le loro risposte.

Gli antichi saggi orientali dicevano: “se vuoi comprendere il Tutto impara ad essere il Nulla”. Ho citato a Kechler questa frase – conclude Gino Tafuto – e mi ha risposto ridendo “se vuoi essere Google sii il nulla”.

 

 

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