L’interazione tra comunicazioni e mezzi di trasporto è un discorso in evoluzione ma ha una storia molto antica alle spalle. “Già nel diciassettesimo secolo – spiega il professor Giovanni Cancellieri, docente di Telecomunicazioni all’Università Politecnica delle Marche e presidente del Centro Radioelettrico Sperimentale Marconi e dell’associazione AICT, society dell’AEIT – si usavano codici con bandiere per comunicare tra vascelli in navigazione. A metà del diciottesimo secolo è stato introdotto il telegrafo ottico. Ai primi del novecento risalgono le prime radio di bordo, da poco inventate da Guglielmo Marconi. Poi il telegrafo senza fili è stato collocato su un treno, su un aereo, infine su un’auto. Nel frattempo le radiocomunicazioni erano divenute capaci di trasmettere segnali vocali. Così è nato il servizio radiomobile, che si è evoluto fino allo standard 5G”.
IL 5G è una tecnologia che permette l’elaborazione dei dati alla periferia della rete, e quindi è particolarmente idonea per gestire la miriade di comunicazioni che si sviluppa, per esempio, su un’auto connessa. “Nella prospettiva di una guida sempre più autonoma – precisa il professor Cancellieri – sarà indispensabile mettere a punto idonei standard di comunicazione. Si inizierà con le autostrade e poi si andrà sempre più verso le zone urbane e metropolitane”.
Durante la Special Session si è affrontato anche il problema dello spettro radioelettrico, ossia l’insieme delle frequenze radio, che costituiscono la risorsa essenziale per tutte le comunicazioni che si basano sull’irradiazione di segnali elettromagnetici. Lo spettro radioelettrico, che è una risorsa naturale limitata, potrà ospitare nuove radiocomunicazioni? “Probabilmente – risponde Giovanni Cancellieri – l’intera suddivisione dello spettro radioelettrico dovrà essere ripensata. La possibilità di usare frequenze sempre più alte esiste, con il beneficio di garantire scambi di dati a velocità sempre maggiori, ma la portata di queste frequenze risulta limitata”.