Dott. Francesco Raffelini: una protesi su misura contro l’artrosi della spalla

Il futuro prossimo è la realtà virtuale che, tramite occhiali o un casco con visione tridimensionale, permetterà, durante l’operazione chirurgica, di avere un’immagine particolareggiata e puntuale della morfologia della spalla del paziente per poter impiantare una protesi personalizzata. Ma le nuove tecnologie hanno già da ora rivoluzionato il mondo delle protesi alla spalla: il presente è costituito da impianti su misura più precisi e duraturi grazie all’apporto di particolari Tac, software specializzati e stampanti 3D.

“Le protesi della spalla su misura – spiega il dottor Francesco Raffelini, medico chirurgo specialista nel campo dell’Ortopedia e della Traumatologia a Firenze e a Genova – permettono da una parte al chirurgo di operare con più tranquillità e precisione, dall’altra il paziente ha la garanzia di una durata più lunga del dispositivo impiantato e di una minore usura”.

Cerchiamo di capire meglio cosa cambia se al posto di una protesi anatomica ne viene utilizzata una “su misura”. “Prima di tutto – puntualizza il dottor Francesco Raffelini, che è anche membro del Comitato nazionale della chirurgia della spalla della società superspecialistica SIAGASCOT – stiamo parlando di artrosi, una patologia degenerativa delle articolazioni, causata dal consumo della cartilagine della spalla e il conseguente sfregamento di scapola e omero. In particolare siamo nell’ambito dell’artrosi primaria che può essere su base genetica, familiare o legata alle attività svolte nella vita del paziente e che colpisce anche persone più giovani.  A causa del consumo della cartilagine, nell’articolazione si crea una deformità artrosica, una malformazione. Dovendo impiantare una protesi, diventa essenziale, dunque, uno studio preliminare che definisca esattamente, in tre dimensioni, lo stato dell’articolazione”.  Una TAC tridimensionale al posto di una tradizionale radiografia, quindi, è il primo passo per posizionare al meglio la protesi ed evitare un deterioramento nel tempo.

Una volta che il chirurgo visualizza i risultati della Tac tridimensionale, può elaborarli tramite speciali software e inviarli alle aziende che, con le stampanti 3D, restituiranno un modello preciso e ricalcato sull’anatomia dell’articolazione. “In questo modo – continua il dottor Raffelini – avremo delle protesi che si adattano perfettamente al singolo paziente. E’ come se il chirurgo fosse un sarto che studia la taglia del paziente e per quel paziente crea uno strumentario personalizzato e preciso solo per lui”.

Un’altra evoluzione in atto riguarda il materiale delle protesi: “Uno degli elementi più importanti – ricorda il chirurgo – sarà quello di superare l’uso del metallo utilizzato per alcune parti delle protesi e orientarsi sul materiale in ceramica, più performante”.

In Italia l’impianto di protesi su misura non è ancora diffuso come all’estero. “Sì è vero – conclude il dottor Francesco Raffelini – non siamo in tanti a proporre questa soluzione. Ma i vantaggi sono molteplici, sia per i pazienti che per i medici. E credo che questa sia la strada giusta da percorrere”.

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