Luigino Poli: “Molte le difficoltà di albergatori e ristoratori per ripartire”

Luigino Poli

Luigino Poli

L’incertezza legata alla ripartenza dell’Italia sta pericolosamente minando le basi della nostra economia, tanto che molti imprenditori si trovano a dover affrontare una scelta importante: riaprire rischiando di perdere ingenti somme di denaro o restare chiusi limitando le perdite? Di questo e molto altro ne abbiamo parlato con l’imprenditore Luigino Poli, vicepresidente di Federalberghi Milano.

La ripartenza… cosa si sente di dirci su questa fase, così tanto attesa? Come sta andando?
I dati recentemente pubblicati dall’Istat e da altri enti preposti ad analizzare l’andamento economico del nostro Paese non sono preoccupanti ma angoscianti. Noi imprenditori del settore turistico non sappiamo cosa fare perché non vediamo la giusta attenzione nei nostri confronti. I dati parlano di una perdita finanziaria del 30%: in realtà la situazione è ben più grave, tanto da arrivare ad oltre il 70% di perdite di fatturato del settore, che in molti casi non riesce a vedere una via di uscita. Gli imprenditori stanno facendo delle scelte difficili e molto spesso coraggiose: molti alberghi e ristoranti hanno deciso di aprire le porte a cittadini e turisti, seppur consci della difficoltà economica che li aspetta. Anche io ho deciso di dare un segnale forte a colleghi e collaborati nonché ai nostri clienti: credo di aver fatto la scelta giusta, ma economicamente sto affrontando delle perdite. Per questo motivo capisco molto bene la sofferenza dei miei colleghi che hanno preferito non aprire i loro locali per cercare di contenere il più possibile le uscite finanziarie. La situazione è in forte stallo e se non si interpellano le associazioni di categoria invitandole ai giusti tavoli di discussione, da qui a qualche mese molti alberghi e ristoranti non apriranno mai più.

Ritiene che i protocolli previsti per la ripartenza in sicurezza siano funzionali? Cosa suggerirebbe?
I protocolli di sicurezza che sono stati emessi sono comprensibili e ogni imprenditore ha fatto la sua parte per adeguarsi alle normative. Il problema, però, è legato alle tempistiche con le quali sono state emanate. Penso, ad esempio, ai protocolli per la realizzazione di grandi eventi, che sono una fetta importante del nostro core business aziendale, dando non solo opportunità di lavoro ma anche respiro economico alle città che si trovano ad ospitarli. I ritardi nei protocolli hanno portato alla cancellazione degli eventi in programma e stanno rischiando di immobilizzare l’Italia da qui ai prossimi anni: molti organizzatori, che qui in Lombardia si sono sempre sentiti ben accolti, stanno pensando di spostarsi all’estero, dove è più chiaro e semplice conoscere le norme da seguire. Questo sarebbe un danno irreversibile che subirebbe tutto l’indotto alberghiero e della ristorazione: non possiamo restare fermi all’infinito; dobbiamo ripartire in sicurezza e continuare a vivere. Il tutto creando un protocollo universalmente condiviso che permetta un’omogenea organizzazione del Sistema Italia, perché la differenziazione regionale e comunale non può che causare confusione e malfunzionamento a discapito dei clienti. Per questo non mi stancherò mai di dire che è necessario ascoltare le associazioni di categoria, che conoscono da vicino il territorio e le esigenze di un determinato settore economico. Federalberghi, ad esempio, aveva proposto un protocollo di sicurezza che non è stato minimamente ascoltato né preso in considerazione: questo non deve più accadere perché ne va della credibilità del nostro Paese così come del lavoro di centinaia di imprenditori che si sono formati per garantire sicurezza ai propri ospiti; spesso, però, invano.

Quali timori sente, quali progetti?
Il peggior timore che sento è quello legato alla chiusura di molte attività del settore alberghiero e della ristorazione. Oggi molti imprenditori hanno deciso temporaneamente di non aprire le loro strutture, ma se la situazione economica non cambia e soprattutto se non si farà chiarezza molti di loro non apriranno mai più. E questo come vicepresidente di Federalberghi Milano e imprenditore vorrei cercare di impedirlo a tutti i costi.

Quali pensieri vorrebbe condividere con i suoi colleghi del settore?
Un primo pensiero, se mi permette, vorrei condividerlo con le Istituzioni chiamate a guidarci in questo momento di profonda emergenza sanitaria ed economica. Ascoltate i rappresentanti di categoria: sono loro che conoscono i nostri territori, le nostre problematiche, i bisogni reali degli imprenditori. Solo così è possibile attuare un piano di rilancio funzionale, che sappia davvero portare il nostro Paese verso la crescita economica tanto attesa e sperata.
Ai miei colleghi imprenditori rivolgo un appello di unione: solo collaborando possiamo sperare di essere ascoltati, dialogando anche con importanti player turistici per trovare soluzioni economicamente più vantaggiose. Insieme possiamo guardare alla promozione turistica dei nostri territori e promuovere l’accoglienza che non solo in Lombardia ma in tutta Italia siamo capaci di dimostrare.

Si parla tanto di aiuti alle imprese: per il vostro settore è stato pensato un bonus vacanza per rilanciare il turismo nazionale. Cosa ne pensa?
Il bonus vacanza è uno degli incentivi messi in campo dal Governo per aiutare turisti e imprenditori, è vero, ma non può essere la soluzione al problema. Mi spiego meglio. Una struttura ricettiva che si è trovata a riaprire dopo un lungo periodo di chiusura, che ha visto sfumare anche l’inizio della stagione, ha dovuto affrontare molte spese per adeguarsi alle nuove normative anti Covid-19. Accogliendo il bonus vacanza deve farsi carico dell’80% della spesa, sapendo di essere rimborsato dallo Stato come sgravio fiscale. Allora mi chiedo: come posso da imprenditore far fronte a tutte queste spese? Non sempre è possibile farlo e molti alberghi sono stati costretti a non accettare questo bonus, per non perdere ulteriori risorse e cassa, intaccando quella che è la loro reputazione: e questo non va affatto bene.
Io, ad esempio, ho deciso di accettarlo per dare un segnale di speranza ai miei clienti e ai mie collaboratori, ma non nascondo le difficoltà che il bonus cela: una fra tutte la necessità di adeguare i propri sistemi di fatturazione per l’inserimento del bonus stesso; un costo interamente a nostro carico.

Il mondo è in continua evoluzione e anche il settore turistico sta vivendo uno stravolgimento organizzativo. Pensiamo ad esempio al dilagare delle OTA, le Online Travel Agency, dove molte persone prenotano il loro soggiorno. Lei come la pensa?
Le OTA possono essere una vera ricchezza per il turismo, ma dovrebbero essere meglio disciplinate e permettere alle strutture ricettive di avere un rapporto diretto con il cliente. In fondo il turista dovrà confrontarsi con la struttura, chiamata ad assolvere a ogni necessità per garantire il piacere del soggiorno. Le OTA, invece, tendono ad essere ‘titolari’ delle nostre stanze, fare offerte e promozioni che non ci permettono la giusta accoglienza del cliente. Il mio consiglio è sempre quello di contattare direttamente la struttura e prenotare lì il proprio soggiorno in quanto noi albergatori abbiamo tutto l’interesse ad offrire il miglior prezzo e la migliore accoglienza. Ma se tutti noi imprenditori ci unissimo potremmo avere la forza necessaria per dialogare con le Online Travel Agency e stilare con loro un patto di collaborazione che vada a vantaggio di entrambi.

Sentiamo dire “Ce la faremo”: lei concluderebbe con un punto esclamativo o con quello interrogativo?
Ce la faremo! Assolutamente ce la faremo, di questo ne sono più che convinto. La domanda alla quale è difficile rispondere è se ce la faremo in tempi rapidi a risollevarci. Dobbiamo assolutamente rimanere positivi e propositivi: dobbiamo farlo per i nostri collaboratori, per i nostri giovani che dovranno crescere e lavorare in questo Paese, ma anche per noi stessi, perché non dobbiamo mai credere che lo sforzo fino ad oggi fatto sia stato vano. Ma l’angoscia inziale su come affrontare il futuro, con la quale abbiamo aperto questa interessante intervista, purtroppo resta. Credo che solo con un confronto serio con tutti gli stakeholder del settore ci possa aiutare ad uscire velocemente dall’emergenza: non dobbiamo dimenticare quanto accaduto ma è ora di pensare al futuro.

La sua speranza più luminosa per questa seconda parte del 2020?
È quella di fare finalmente squadra dialogando con il territorio: è necessario che tutti gli imprenditori entrino in sinergia per lavorare su progetti comuni, che favoriscano la valorizzazione dei nostri territori. Dobbiamo essere noi i primi ambasciatori delle nostre città, perché così facendo saremo in grado, insieme, di comunicare le bellezze delle nostre terre e invitare i turisti a venirle a visitare. L’individualismo è la morte dell’imprenditorialità: ognuno naturalmente guarda ai suoi profitti, ma con una rete ben costruita è possibile arrivare allo scopo prefissato. Oggi mi piace pensare al turista come al cittadino temporaneo: se si troverà bene, tornando a casa diverrà il primo ambasciatore delle nostre terre: questo deve essere lo scopo finale di tutti noi.

 

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