Le spese delle famiglie torinesi

spese famiglie torinesi

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Pubblicati questa mattina dalla Camera di commercio di Torino i dati 2019 della tradizionale indagine sui consumi medi delle famiglie torinesi. Lo studio si basa sulle risposte di un campione rappresentativo di 240 famiglie torinesi, a cui viene richiesta la compilazione di un libretto di acquisto per le spese frequenti (ad es. alimentari) e un riepilogo spese per quelle periodiche (abitazione, abbonamenti ecc.).

“Lo spaccato del 2019 mostra dati positivi e sostanzialmente stabili, con famiglie che riescono a coprire agevolmente le spese essenziali, come l’alimentare e la casa, ma anche ad incrementare i consumi legati a tempo libero, vacanze, pasti fuori – ha spiegato Dario Gallina, Presidente della Camera di commercio di Torino. – A settembre saremo in grado di anticipare i dati del primo semestre 2020, dove sicuramente emergeranno nuove dinamiche, come l’inevitabile riduzione degli acquisti superflui, tra cui quelli destinati a divertimenti, vacanze e pasti fuori casa, e al contrario la crescita dei consumi legati alle nuove tecnologie, come connessioni web e telefonia. L’indagine quindi ci aiuterà non solo a confermare queste prevedibili dinamiche, ma soprattutto ad averne una misura oggettiva. Cambieranno anche i comportamenti di acquisto, con un più frequente ricorso al delivery e allo shopping on line, a cui probabilmente si affiancherà anche la riscoperta del commercio di prossimità. Sarà interessante, infine, capire i cambiamenti nell’attitudine al risparmio in un periodo di così grande incertezza per le famiglie”.

Con 2.554 euro medi mensili, valore più alto degli ultimi 10 anni, il trend dei consumi delle famiglie torinesi a fine 2019 si conferma in crescita, con un +0,3% rispetto al 2018. Il dato 2019 si inserisce, quindi, in un quadro di costante crescita, con un complessivo +14,8% negli ultimi 10 anni, grazie soprattutto alla spinta dei prodotti alimentari (+31,8%) e alla crescita più cauta del non alimentare (+12,1%).

La spesa alimentare nel 2019 vale il 15,7% del totale (era il 13,7% nel 2010), ma questo dato com’è noto si differenzia a seconda della tipologia e della condizione economica delle famiglie: per le famiglie in condizione di debolezza/autosufficienza le spese alimentari rappresentano il 18,4% sul totale mensile, mentre le famiglie in fascia di benessere/agiatezza si fermano al 13,4%.

Vale in media 402 euro ogni mese, +6 euro rispetto al 2018. Il 70% si concentra in cinque categorie di prodotti: carni e salumi (da sempre la spesa più ampia con il 21,2%), latte, formaggi e uova (il 14,2%), pane e cereali (il 13,6%) e legumi e ortaggi (il 12,3%).

Nel 2019 risulta pari a 2.152 euro, con un lieve incremento rispetto al 2018, ma sostanzialmente stabile nell’ultimo triennio.

Abitazione, utenze e arredamento (1.115 euro, il 55,2% del totale, +5 euro)

Da sempre l’aggregato più “pesante” riguarda la casa, che assorbe più della metà della spesa non alimentare. Nel corso dell’ultimo anno, i costi legati all’abitazione in senso stretto, pari a 796 euro, sono gli unici in aumento (1%, +8 euro), mentre calano le spese destinate alle utenze (-0,7%, -1 euro) e ai mobili e all’arredamento (-1,2%, -2 euro). La casa resterà probabilmente protagonista del bilancio familiare anche nel primo semestre 2020, con un prevedibile aumento delle spese per le utenze, dovuto al lockdown.

Trasporti e comunicazioni (302 euro, il 14%, +7 euro)

Si tratta di spese che raggiungono i 302 euro complessivi, con un aumento di 7 euro rispetto al 2018. L’importo maggiore riguarda gli autoveicoli con 191 euro (il 63,2%): qui si considerano anche le uscite per assicurazione e bolli (-2 euro per 61 euro totali), benzina, gasolio e parcheggi (93 euro, -6 euro) e quelle per la ricambistica (37 euro, +2 euro). Complementare a questa categoria, vi è la spesa per altri consumi, fra cui la biglietteria (24 euro, +3 euro) e altri trasporti (25 euro, -3 euro). In questo caso ci aspettiamo nel primo semestre 2020 un calo per questo tipo di spese, che probabilmente inciderà sul bilancio dell’intero anno.

La quota imputabile alle spese per prodotti e servizi di comunicazione è pari a 62 euro e si divide fra spese per acquisto telefoni e pagamento bollette (il 15% della macro voce), in aumento deciso (+9 euro) dopo un biennio in calo, e altre spese di comunicazione, comprese quelle per connessioni Internet (il 6%, +4 euro). Anche questa voce probabilmente vedrà un incremento nel primo semestre 2020 e a seguire.

Con 94 euro medi mensili, le famiglie torinesi destinano a questa voce il 4% delle spese non alimentari: 61 euro in abbigliamento, 33 in scarpe e accessori. Questa voce è in calo per il secondo anno consecutivo, dopo che già nel 2018 era diminuita di 3 euro. Il calo probabilmente proseguirà anche nel primo semestre del 2020, anche se lo shopping on line potrebbe mitigare la discesa.

Il welfare vale 302 euro e al suo interno comprende sei voci: salute e servizi sanitari, previdenza, spese relative a ricreazione, spettacolo e cultura, istruzione, assistenza e, per il primo anno, il welfare aziendale. Rispetto al 2018 questo insieme registra un calo dell’1,3% (-4 euro), ritornando al valore del 2017.

A riportare il calo più significativo, le voci relative a previdenza e salute (il 9% con 27 euro, -10 euro rispetto al 2018) e i servizi di assistenza alla persona (il 4%, 12 euro, -7euro) dove si raggruppano sia le spese per gli asili nido sia quelle per l’assistenza ad anziani e disabili. La nuova voce dedicata al welfare aziendaleammonta a 9 euro mensili e include al suo interno il leasing dell’auto aziendale (4 euro) e le spese figurative per buoni pasto (5 euro).

L’aggregato più ampio (41% della voce) comprende le spese destinate alle attività di ricreazione, spettacolo e cultura con 123 euro complessivi (+3 euro): in crescita le spese per articoli sportivi e quelle connesse al tempo libero, compresi gli abbonamenti museali e a stagioni teatrali o concertistiche. A questo proposito sarà interessante monitorare l’andamento delle stesse voci nel corso del 2020 e l’eventuale recupero che tutti ci auguriamo negli anni successivi.

Stabili nel 2019 i costi mensili connessi ai servizi sanitari e alla salute, che rappresentano anche la seconda voce del welfare (99 euro) così come le spese legate all’istruzione, che ammontano a poco meno di 32 euro.

Si tratta di un aggregato residuale che vale 314 euro e compone il 15% delle spese non alimentari. Le due voci più importanti sono le vacanze e i pasti fuori casa: le spese mensili per la vacanze – che includono hotel, residence, villaggi turistici, viaggi – ammontano a 103 euro, in aumento di 3 euro rispetto al 2018; mentre la spesa per pasti fuori casa è pari a 80 euro, anch’essa in crescita di 4 euro. Anche in questo caso sarà interessante verificare i cambiamenti nel corso del 2020, dove registreremo una decisa contrazione relativa al primo semestre e forse una lieve ripresa nei mesi a seguire, compatibilmente con le disponibilità delle famiglie più in difficoltà.

In leggera diminuzione la percentuale delle famiglie torinesi che nel 2019 dichiarano di aver destinato una quota del reddito famigliare al risparmio: si tratta del 39,2% rispetto al 40% del 2018 e al 54% nel 2015. Scende anche la quota di reddito accantonata: 6,6% rispetto al 7,6% del 2015. Com’è prevedibile, la capacità di risparmio è strettamente correlata alla condizione economica famigliare: i nuclei in stato di “benessere” riescono a risparmiare una quota media mensile più che doppia rispetto a quelli in condizione di “autosufficienza” (il 9,5% contro il 4,5%). L’indagine ci potrà dire a settembre quante famiglie nonostante la crisi saranno ancora in grado di risparmiare e la quota di reddito accantonata.

La Grande Distribuzione Organizzata si conferma il luogo preferito per lo shopping: la scelta infatti ricade nel 40,2% su super/ipermercati, nel 10,4% su hard discount e se a questi si aggiunge la piccola porzione di coloro che comprano nei minimercati, la componente GDO raggiunge quasi il 51% delle scelte, mentre valgono il 10% i centri commerciali. Poco meno del 27% ha come meta il negozio tradizionale di vicinato e circa l‘8% si reca presso i mercati rionali. Internet rappresenta il principale luogo d’acquisto per il 4% delle famiglie. Le percentuali ovviamente si modificheranno nel corso del 2020: sarà interessante monitorare però la continuità di certi fenomeni, ad esempio valutare se la crescita del web o il ricorso al commercio di prossimità si manterrà costante nel tempo o si ridimensionerà con il ritorno delle normali abitudini.

La scelta del luogo dipende generalmente dal bene acquistato. Per i generi alimentari, il 76,2% delle famiglie torinesi si rivolge preferibilmente a esercizi di medie/grandi dimensioni (discount e supermercati-ipermercati). Per i generi non alimentari è il negozio di vicinato che viene preferito nel 43,0% dei casi ma emerge anche un maggior ricorso allo shopping online: in rete si acquistano giochi/videogiochi ed elettrodomestici, ma anche arredamento e abbigliamento/calzature. In generale, la scelta dell’e-commerce per i prodotti non alimentari cresce di due punti percentuali rispetto al 2018, ma è più che raddoppiata nell’ultimo quinquennio e sono le famiglie con figli ad essere le più attive.

Il 61% delle famiglie ha dichiarato di aver acquistato prodotti del commercio equo solidale e ben 8 famiglie su 10 ha scelto prodotti biologici, inserendoli nel proprio carrello almeno una volta al mese nel 4% dei casi. Si evidenziano anche abitudini riferibili a scelte di economia circolare: il 38% delle famiglie ha saltuariamente optato per beni di seconda mano e il 4% vi ha ricorso con frequenza mensile. Infine, ricorre a pagamenti dilazionati (rate) il 18,8% delle famiglie. Normalmente in periodi di crisi queste ultime due voci si incrementano: saranno i dati 2020 a darne conferma.

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