L’Associazione delle imprese di gestione rifiuti (AMIS): “Il deficit di impianti non consente di attivare a pieno regime l’economia circolare e grava sull’attività delle imprese e sulle tasche delle famiglie”

Il Presidente AMIS Enrico Iesari e la Segretaria Marina

Il Presidente AMIS Enrico Iesari e la Segretaria Marina

L’Europa ci chiama ad alti obiettivi di recupero, ma per avere meno rifiuti occorrono più impianti altrimenti le imprese soffrono e i cittadini pagano tasse sui rifiuti sempre più care. E’ un circolo vizioso che rappresenta lo specchio fedele di quell’economia circolare, di cui l’Italia vanta il primato in termini di convegni, ma che stenta a “girare” in termini concreti, perché i rifiuti continuano ad esserci, ma diventa sempre più difficile trovare il  sito idoneo di destinazione.

“Emergenza alle porte –  osserva Enrico Iesari, Presidente dell’AMIS, associazione che da oltre 25 anni rappresenta le imprese che operano nel settore della gestione dei rifiuti -. Già un anno fa avevamo denunciato il rischio collasso di ogni attività se la politica non avesse agevolato la creazione di nuovi impianti o l’ampliamento di quelli esistenti, destinati al recupero e allo smaltimento finale. Ma tant’è, nulla si è mosso e bisognerebbe muoversi molto di più e in fretta perché la situazione, già grave, s’è fatta insostenibile: le nostre discariche, indispensabili per completare la gestione rifiuti industriali – in quanto non tutti gli scarti possono essere riciclati o diventare energia – stanno esaurendo gli spazi”.

Pochi numeri per comprendere l’entità del fenomeno: dall’ultimo Rapporto ISPRA 2019, che riporta dati relativi al 2017, si evidenzia la crescita della produzione nazionale dei  rifiuti speciali che sfiora i 140 milioni di tonnellate (quasi il 3% in più rispetto al 2016), mentre le attività di trattamento dei rifiuti e di risanamento ambientale rappresentano solo il 25,7% del totale.

Troppi rifiuti quindi per la nostra dotazione impiantistica, e questo anche a dispetto della normativa europea, che impone agli Stati membri di costruire impianti in grado di recuperare i rifiuti per reintrodurli nel ciclo produttivo ed eliminare gli scarti che non possono essere riutilizzati né come materia prima né come energia.

Il deficit impiantistico non consente all’economia circolare di girare a pieno regime, valorizzando il recupero dei materiali di scarto trasformandoli in nuove materie prime per le imprese, un’attività che è da sempre nel DNA italiano: basti pensare che l’Italia, storicamente povera di risorse, è diventata nel tempo uno dei primi “distretti del riciclaggio rifiuti” al mondo.

La buona volontà degli imprenditori del settore non basta, e le istituzioni devono abbandonare la tendenza al rinvio di decisioni politicamente “scomode”, ma oramai non più rinviabili.

“Siamo prigionieri – aggiunge Iesari – di pregiudizi e ideologismi che immobilizzano la politica ed impediscono una programmazione che, in ultima istanza, avvantaggerebbe non solo le imprese ma anche i cittadini”.

Già, perché una economia circolare inceppata genera danni non solo all’ambiente  ma anche alle tasche delle famiglie, a causa di una lievitazione di costi della TARI: in base ad un recente studio, l’utilizzo di Termovalorizzatori farebbe risparmiare agli italiani ben 700 milioni di euro all’anno di tasse sui rifiuti.

Questione ecologica, dunque, ma anche economica, che dovrebbe essere valutata anche nella predisposizione, in sede regionale, di atti normativi e programmatori, come nel caso del  recente disegno di legge della Regione Marche 232/2018, che invece sembra avere quale unico obbiettivo quello di escludere totalmente la realizzazione di impianti di recupero energetico sul territorio.

“Noi operatori del settore – aggiunge Iesari – invitiamo le istituzioni locali a puntare senza indugi all’autosufficenza impiantistica, per uscire dall’emergenza attuale e per poter rispondere adeguatamente alle esigenze di smaltimento e recupero di rifiuti prodotti dalle attività industriali e dal vivere quotidiano. E’ urgente, in particolare per la nostra regione, sbloccare le autorizzazioni per aprire nuovi impianti o per l’ampliamento di quelli esistenti, prima che anche gli impianti esteri verso i quali i gestori stanno portando i rifiuti, tra l’altro a grave danno economico per le imprese, ci chiudano le porte”.

L’AMIS invoca uno stop immediato a questa sorta di “turismo dei rifiuti”; ciò permetterebbe di minimizzare l’impatto ambientale del trasporto e anche di sfruttare a pieno le risorse imprenditoriali, in termini di competenze e know how; perché gestire i rifiuti in autosufficienza avrà ricadute positive anche occupazionali, oltre che risvolti di crescita sociale per la comunità locale.

Completare il sistema imprenditoriale del nostro territorio di quelle infrastrutture in grado di gestire gli scarti significa evitare delocalizzazioni di settori importanti anche ai fini occupazionali.

“La corretta ed efficiente gestione dei rifiuti – conclude Iesari – non è solo un problema delle imprese che operano in questo specifico settore, ma di tutti. Avere un sistema impiantistico completo serve all’industria, ma anche al settore del turismo che può garantire, così, un territorio ospitale e pulito, e questo i cittadini e i politici devono saperlo”.

 

Nella foto: Il Presidente AMIS Enrico Iesari e la Segretaria Marina Leombruni

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