L’Associazione delle imprese di gestione rifiuti (AMIS): “Urgente creare nuovi impianti e ampliare quelli esistenti. Altrimenti si rischia la paralisi di ogni attività produttiva”.

Enrico Iesari

Enrico Iesari

“Siamo al collasso e rischiamo la paralisi di ogni attività se la politica non si fa carico del problema dei rifiuti ed avvii in fretta una seria programmazione per permettere la creazione di nuovi impianti, e/o l’ampliamento di quelli esistenti, destinati al recupero e soprattutto allo smaltimento finale”. E’ il grido di allarme del Presidente Iesari lanciato nel corso dell’assemblea generale dell’AMIS, associazione che rappresenta da più di 25 anni le imprese del settore della gestione dei rifiuti.

“La situazione, ha proseguito Iesari – è grave non solo nelle Marche, ma anche nel resto d’Italia, soprattutto per la difficoltà di collocare i rifiuti prodotti dalle imprese”.

Secondo l’ultimo rapporto ISPRA (l’Istituto ministeriale per la Protezione e la Ricerca Ambientale), la produzione di rifiuti speciali è in continua crescita, mentre la dotazione impiantistica resta decisamente insufficiente, specie per i rifiuti che non possono essere in alcun caso avviati al recupero.

“Tutti noi – sottolinea Iesari – produciamo rifiuti: a casa, per muoverci con i mezzi, nell’ambiente di lavoro. Gli stessi beni che acquistiamo per vivere provengono da imprese che necessariamente producono rifiuti. Se non ci occupiamo in maniera programmata del loro recupero, laddove sia possibile, e del loro smaltimento, rispettando norme e seguendo le migliori tecnologie esistenti, saremo presto letteralmente sommersi dai rifiuti con gravissimi danni per l’ambiente”.

L’AMIS, insieme alle altre organizzazioni delle imprese marchigiane, ha recentemente incontrato in un tavolo tecnico presso l’Assessorato Ambiente della Regione Marche, i principali interlocutori Istituzionali e Amministrativi regionali e provinciali, lanciando un grido di allarme per una situazione che sta diventando esplosiva e che, se non affrontata in tempi rapidi e con provvedimenti efficaci, avrà serie ripercussioni sul sistema di gestione dei rifiuti.

“La soluzione ideale – osserva Iesari – sarebbe il raggiungimento dell’autosufficenza impiantistica, per poter rispondere adeguatamente alle esigenze di smaltimento e recupero. Ma in realtà è sempre più difficile ottenere le autorizzazioni per nuovi impianti o per l’ampliamento di quelli esistenti”.

Ne è un esempio la maggiore discarica della Regione che, ormai da lungo tempo in attesa di un provvedimento autorizzativo che le permetta di soddisfare le richieste, in vista dell’esaurimento della capacità di ricevere rifiuti, è stata costretta ad imporre la riduzione di più del 50% dei conferimenti, mentre viene esclusa del tutto la possibilità di ricevere i fanghi prodotti dai depuratori civili.

Peraltro, il collocamento dei fanghi è un problema nazionale, tanto che ha spinto il Ministro dell’Ambiente ad inserire un provvedimento di urgenza nel cosiddetto decreto Genova.

Anche sul fronte del recupero i problemi non mancano: si registra una sempre crescente difficoltà di collocazione sul mercato delle materie ottenute, che devono essere di alta qualità e contenenti impurità pressoché vicine allo zero. E questo non è sempre tecnicamente possibile: infatti, per carta e plastica provenienti da raccolte differenziate, pesa il blocco totale delle esportazioni verso la Cina, fra i maggiori acquirenti di tali materiali dall’Italia.

Sottolinea ancora Iesari: “Non si può parlare seriamente di ‘economia circolare’ se poi manca l’ultimo anello per chiudere il cerchio: le frazioni di scarto dell’attività di recupero devono necessariamente trovare una collocazione in siti di deposito definitivo o meglio in impianti dedicati di termovalorizzazione con recupero energetico sotto forma di energia elettrica e termica per alimentare le utenze civili e industriali. Basterebbe vedere cosa succede in Europa (Vienna, Copenaghen, Francoforte e molte altre grandi città europee) dove  questi impianti sono appositamente collocati dentro i centri abitati al fine di distribuire energia elettrica e termica agli insediamenti civili”.

Al contrario, i termovalorizzatori sono stati esclusi per scelta ideologica dalla politica lo scorso giugno con una legge regionale, una decisione poco lungimirante se si considera che questo tipo di strutture avrebbe permesso di risparmiare energia, ridurre emissioni nocive in atmosfera e alleggerire i quantitativi di rifiuti da smaltire in discarica.

“Anche l’alternativa, se pur complessa e costosa, del trasferimento transfrontaliero dei rifiuti sta rallentando a causa del contingentamento da parte degli impianti esteri dell’afflusso dei rifiuti dall’Italia”, aggiunge Iesari. “Per far fronte a tali problematiche, amplificate dall’incremento della produzione di rifiuti a seguito della lieve ripresa economica e dell’avvio della ricostruzione post-Sisma, si impone responsabilità e rapidità nelle decisioni da parte della politica, delle Istituzioni e Amministrazioni locali preposte, decisioni che vadano soprattutto nella direzione di autorizzare velocemente l’ampliamento degli impianti esistenti e di individuare nuovi siti dove possono insediarsi gli impianti necessari sia di smaltimento che di recupero”.

Infine, il duplice appello di AMIS, alla politica e alla collettività: “Chiediamo alle Amministrazioni coinvolte – conclude Iesari – la dimostrazione della volontà di giungere a soluzioni atte a favorire un percorso mirato all’autosufficienza impiantistica. Ai cittadini e alla collettività, chiediamo di esercitare un profondo senso civico per comprendere e accettare che i rifiuti sono prodotti da tutti e debbono trovare una giusta collocazione, soprattutto a tutela della sicurezza ambientale e della salute pubblica, così come avviene in tutti gli altri Paesi ‘civili’ della comunità europea di cui facciamo parte”.

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