Ocse: bene il paese Italia, male i giovani

La ripresa è in atto, questo l’Ocse lo dichiara senza dubbio, in una conferenza sul lavoro nei paesi europei organizzata a Parigi. Prima ha illustrato la situazione europea, con un numero di occupati che nel prossimo anno tornerà ai livelli pre-crisi. La disoccupazione rimane comunque alta, se confrontata a quella degli Stati Uniti.

L’Italia, in questo quadro, resta tra le regioni dell’Europa più problematica. Se il Pil è tornato a crescere dal 2015 (+0,8%) e crescerà anche nel 2016 (+1,2% le stime) e nel 2017, la situazione resta critica per i giovani.

Tra i giovani under 25 (disoccupazione ufficiale al 40%) che lavorano il 57% ha un lavoro precario, il che significa poche garanzie, bassi salari e scarsa contribuzione a fini previdenziali. Prova ne è che nel 2015, il 43% dei giovani sono rimasti nello stesso posto di lavoro meno di un anno. C’è sicuramente anche una larga parte di giovani, dal Sud al Nord, che non è registrata nei dati ufficiali, perché lavora in nero, rimanendo comunque spesso sottopagata.

Un altro fenomeno piuttosto preoccupante per l’Ocse è quello legato ai Neet, i giovani che non studiano né cercano lavoro. Sono in pratica fermi, e rischiano di rimanerlo nel lungo periodo. Solo in Europa, tra i 15 e i 29 anni sono il 15% in media, in Italia vicini al 20%.

E il Jobs Act cosa ha fatto per risolvere tutto questo? Secondo l’Ocse, la riforma voluta dal governo Renzi ha portato a un miglioramento dell’occupazione in termini generali: dal picco del 12,8%, il tasso di disoccupazione dovrebbe scendere al 10,5% entro il 2107. Inoltre “ha incentivato l’uso di contratti a tutele crescenti al posto di contratti temporanei”, ed ha “consentito di derogare dal contratto nazionale le aziende”. Ma il vero problema restano i giovani, e in particolare alcune categorie di giovani, tra gli ultimi a beneficiare di una nuova fase di crescita economica.

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