Quando il digitale funziona e migliora un settore

Per tutti gli operatori del settore musicale, il digitale è stato per anni lo spauracchio principale. Anziché comprare cd e dvd, i giovani avrebbero preferito scaricare gratis e illegalmente la musica e sfruttare il peer to peer per scambiarsela in barba alle leggi sul copyright.

Poi sono arrivati iTunes e soprattuto, più recentemente, Spotify, e la “musica è cambiata”. Per la prima volta da diversi anni anni a questa parte, esattamente dal 1998, il settore musicale nel 2015 ha segnato un +3,2% nei ricavi complessivi. Il trend positivo, dopo anni di magra, è dovuto principalmente ai due siti di cui sopra, che offrono l’acquisto di singoli brani, o in alternativa abbonamenti mensili di diverso tipo.

Secondo la Federazione internazionale dell’industria fonografica, i ricavi provenienti dal settore digitale superano ormai quelli delle vendite di supporti fisici, cd e dvd. Un dato che comunque va letto in controluce, visto che l’era d’oro dell’industria musicale è legata più agli anni Ottanta e Novanta che ad oggi.

Tuttavia, in un mercato completamente ridisegnato, le occasioni di business non mancano, con gli appuntamenti live dei cantanti, e i prezzi dei biglietti che in media salgono un po’ ovunque.

Sul fronte dei contenuti, invece, si attendono le prossime mosse del gigante Google, che con YouTube detiene ancora una fetta significativa del consumo musicale (perlopiù gratuito) di giovani e non. Per l’industria musicale a livello globale, la sfida continua.

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