Il settore vinicolo del Friuli Venezia Giulia si trova ad affrontare nuove incertezze, nonostante i recenti dati positivi sull’export. Dopo due annate di produzione ridotta, compensate dalle giacenze in cantina, le vendite internazionali hanno registrato un +4%, con un valore complessivo di 8 miliardi di euro. La regione ha contribuito con 140 milioni di euro, trainata dal Prosecco (+7%) e dal Pinot Grigio (+3%).
Tuttavia, nuove sfide si profilano all’orizzonte. Oltre ai dazi imposti dagli Stati Uniti, con il cosiddetto “ciclone Trump”, il settore ora deve fare i conti con un’iniziativa dell’Unione Europea mirata a ridurre il consumo di vino e alcolici. L’UE sta infatti valutando un nuovo regime fiscale e misure di disincentivazione al consumo, basate sul presupposto che l’alcol sia una delle principali cause dell’insorgenza del cancro.
Sul tema è intervenuto Rodolfo Rizzi, già presidente di Assoenologi e direttore di una delle più importanti cantine cooperative della regione. Secondo Rizzi, le politiche di sensibilizzazione al consumo responsabile non sono state considerate sufficienti, portando l’UE a introdurre normative più restrittive.
Questa prospettiva preoccupa i produttori, che vedono nel mercato internazionale una risorsa fondamentale per la crescita del settore. Le misure restrittive, insieme all’incertezza legata ai dazi, potrebbero compromettere l’andamento positivo dell’export e la competitività del vino friulano.
Il dibattito è aperto: il settore vitivinicolo regionale si interroga su come affrontare queste nuove sfide senza penalizzare un comparto che rappresenta un pilastro dell’economia locale.