L’aumento del 30% degli allarmi alimentari legati a frutta e verdura importate pone l’attenzione sulla necessità di garantire il principio di reciprocità negli scambi commerciali, sia a livello europeo che extra UE. È quanto emerge da un’analisi della Coldiretti sui dati Rasff, diffusa in occasione della Fruit Logistica di Berlino, il più importante appuntamento europeo per il settore ortofrutticolo.
Qualità e sicurezza: il Made in Italy sotto pressione
Il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, ha ribadito a Berlino l’importanza dell’ortofrutta italiana, simbolo della dieta mediterranea, e della necessità di misure strutturali per sostenere i produttori. Con 12,5 miliardi di euro di export ortofrutticolo, il settore dimostra la sua forza, ma è messo in difficoltà da disparità normative tra i Paesi dell’Unione Europea.
Nel 2024, gli allarmi alimentari sui prodotti ortofrutticoli importati sono stati 165, rispetto ai 115 dell’anno precedente. Tra i casi più frequenti figurano kiwi argentini, cachi spagnoli, pistacchi iraniani e turchi con aflatossine, cipolle e fagioli egiziani, funghi cinesi e mirtilli tedeschi, tutti bloccati per pesticidi oltre i limiti consentiti, aflatossine, batteri e metalli pesanti.
Il problema principale è che in molti Paesi, dall’Africa al Sudamerica fino all’Asia, l’uso di pesticidi pericolosi per la salute è ancora consentito, nonostante siano stati banditi nell’UE da decenni. Inoltre, le produzioni in questi Stati avvengono in condizioni di dumping sociale, con costi della manodopera molto più bassi rispetto all’Italia. Questo squilibrio penalizza le aziende agricole italiane, creando una concorrenza sleale che danneggia sia gli imprenditori che i consumatori.
Necessario un sistema equo di regole sui fitofarmaci
Secondo Coldiretti, l’Europa deve applicare gli stessi criteri di sicurezza e qualità ai prodotti importati e armonizzare l’uso dei fitofarmaci tra i Paesi membri, garantendo parità di condizioni agli agricoltori italiani. La mancanza di prodotti fitosanitari adeguati ha ridotto il potenziale produttivo nazionale, favorendo chi utilizza pesticidi vietati in Italia e può contare su costi di produzione più bassi.
Negli ultimi 30 anni, l’uso di fitofarmaci in Italia è calato del 50%, passando da oltre 1.000 sostanze autorizzate a circa 300, ma il ritardo nell’adozione delle nuove tecnologie non OGM per il miglioramento genetico (Tea) sta mettendo in difficoltà i produttori.
L’Italia è passata da Paese esportatore a importatore netto di ortofrutta, con il risultato che oggi si acquista più prodotto dall’estero di quanto ne venga venduto fuori dai confini nazionali.
Un settore strategico da proteggere
L’ortofrutta italiana garantisce 440mila posti di lavoro, rappresentando oltre il 40% dell’occupazione agricola e generando un fatturato annuo di 15 miliardi di euro, pari al 25% della produzione agricola totale. Tuttavia, 300mila aziende agricole rischiano la chiusura a causa di prezzi troppo bassi che non coprono i costi di produzione.
Per Coldiretti è fondamentale difendere il settore con politiche più eque, garantendo parità di condizioni per gli agricoltori italiani e promuovendo campagne di sensibilizzazione per incentivare il consumo di frutta e verdura di qualità. L’educazione alimentare nelle mense scolastiche e la promozione della dieta mediterranea sui media e canali digitali sono passi essenziali per valorizzare un comparto strategico per il Made in Italy.