Aumento delle dimissioni in maternità tra le lavoratrici in Trentino

Cresce il numero di donne che lasciano il lavoro durante la maternità, spesso per mancanza di flessibilità

Il numero di lavoratrici dipendenti in Trentino che si dimettono durante il periodo della maternità è in costante aumento, evidenziando una tendenza preoccupante. Secondo i dati forniti dall’Agenzia del lavoro, nel 2016 le dimissioni erano 304, salite a 370 nel 2017, a 441 nel 2018, fino ad arrivare a 504 nel 2021, con un incremento che è proseguito anche nel 2022 e nel 2023, come sottolineato dalla direttrice dell’Ufficio dati, Isabella Speziali.

Uno degli aspetti più rilevanti emersi dallo studio riguarda la scarsa incidenza della “libera scelta”, indicata solo dal 3% delle donne intervistate nel 2021. La maggioranza, pari al 68%, ha dichiarato di aver lasciato il lavoro per motivi legati alle condizioni lavorative e alla carenza di supporti adeguati, con particolare riferimento alla gestione degli orari. Oltre un terzo delle dimissionarie ha infatti indicato le difficoltà legate alla rigidità dell’orario di lavoro come causa principale dell’abbandono.

Le richieste di passaggio al part time, avanzate da 125 donne, sono state accolte solo nel 20% dei casi, ma spesso a condizioni meno favorevoli. In sei casi su dieci, invece, la richiesta è stata respinta. Analogamente, il 71% delle domande di maggiore flessibilità oraria non ha ottenuto risposta positiva dalle aziende.

L’analisi ha rivelato che l’85,1% delle donne dimissionarie aveva un contratto a tempo indeterminato, e quasi la metà lavorava nella stessa azienda da oltre cinque anni. Inoltre, nel 61,8% dei casi, il lavoro lasciato era a tempo pieno, evidenziando come si tratti di occupazioni stabili e consolidate.

A settembre 2022, solo il 53,7% delle donne risultava rioccupato, mentre il 25,2% era in cerca di una nuova opportunità e il 20% aveva abbandonato definitivamente il mercato del lavoro. Tra coloro che hanno trovato un nuovo impiego, si è osservato un peggioramento delle condizioni contrattuali: solo il 56,1% ha mantenuto un contratto stabile, mentre il 56,4% è passato da un impiego full-time a un part time. Inoltre, il peso del tempo determinato è salito al 42%, rispetto a una quota inferiore al 10% nella precedente occupazione.

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