Inflazione e cambiamento climatico: le sfide per il valore dei terreni agricoli

Il valore dei terreni agricoli è in aumento nominale, ma la loro redditività è minacciata da inflazione, cambiamenti climatici e speculazione

Negli ultimi anni, il valore nominale dei terreni agricoli è aumentato, ma il loro potere d’acquisto effettivo è diminuito rispetto a decenni fa. Secondo Philip Thurn Valsassina, presidente di Confagricoltura Friuli Venezia Giulia e responsabile nazionale del settore cereali, questa situazione è dovuta a una combinazione di fattori come inflazione, cambiamento climatico e speculazione. Nonostante ciò, gli agricoltori del Nord Est possono trovare opportunità di crescita grazie a economie di scala, specializzazione e innovazione tecnologica.

Uno dei principali problemi attuali riguarda l’inflazione. Negli anni ’70 e ’80, anche con tassi d’inflazione elevati, i terreni riuscivano a mantenere il proprio valore, mentre oggi il mercato mostra segnali di contrazione. Gli aumenti registrati nel 2024 sono stati inferiori rispetto all’inflazione del biennio precedente, incidendo negativamente sulla redditività complessiva.

Un altro fattore critico è il cambiamento climatico, che sta influenzando pesantemente la produzione agricola. Eventi climatici estremi, come temperature superiori ai 35 gradi e piogge abbondanti, stanno compromettendo la qualità del raccolto. Le piante, infatti, reagiscono alle alte temperature interrompendo il proprio ciclo vegetativo, riducendo la produttività e il valore dei terreni meno irrigui. Questo ha determinato una crescente divaricazione nei prezzi: i terreni più vocati stanno aumentando di valore, mentre quelli meno adatti alla coltivazione subiscono una forte svalutazione.

In questo scenario, il fenomeno dell’agrivoltaico e del fotovoltaico rappresenta un’opportunità, ma anche un rischio. La vicinanza a infrastrutture di trasformazione dell’energia, come le stazioni Terna, ha portato rivalutazioni fino al 50% in alcune aree, ma si tratta di speculazioni finanziarie che potrebbero avere impatti negativi sul lungo termine, impoverendo il suolo.

Per quanto riguarda gli investimenti, le aree vitivinicole del Nord Est continuano a rappresentare un’opzione interessante. Il settore del vino, spinto dalla domanda costante di prodotti come il Prosecco, ha visto crescere il valore dei terreni coltivati a vite, soprattutto nelle zone con Denominazioni di Origine Controllata e riconoscimenti UNESCO. Regioni come Conegliano hanno beneficiato di una forte valorizzazione territoriale, mentre aree come il Collio potrebbero sfruttare in futuro nuove opportunità di sviluppo.

Nonostante ciò, il settore dei cereali rimane un pilastro dell’agricoltura veneta, con oltre 100.000 ettari coltivati a mais. Il valore dei terreni seminativi dipende da diversi fattori, tra cui la vicinanza a stalle zootecniche, che riduce i costi di concimazione grazie all’utilizzo di reflui organici.

Anche i frutteti offrono buone prospettive di investimento, seppur con alti costi di gestione. La coltivazione della frutta richiede investimenti significativi in protezione dalle intemperie, gestione dei parassiti e utilizzo di tecnologie avanzate, con un impatto diretto sui costi finali per il consumatore. Tuttavia, il supporto di contributi regionali può rendere questa opzione più sostenibile per gli imprenditori agricoli.

Infine, per garantire la redditività delle aziende agricole, è essenziale puntare su specializzazione e tecnologia. Le imprese devono strutturarsi e crescere, sfruttando le economie di scala e la sperimentazione per affrontare le sfide del futuro.

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