Il clima che emerge dall’indagine condotta dall’Area Studi e Ricerche della CNA Nazionale non lascia molto spazio all’ottimismo. Tra le 2.600 imprese associate intervistate (di cui 130 abruzzesi), prevalgono sentimenti di incertezza e pessimismo, anche quando i dati economici non appaiono drammatici. Le cause sono sia fattori globali – guerre, caro energia e difficoltà di accesso al credito – sia la sfiducia verso la politica, accusata di non offrire risposte concrete.
Il peso dell’incertezza economica
Secondo Otello Gregorini, segretario generale della CNA, l’incertezza è il tema dominante: “Se la BCE riduce i tassi di interesse ma i flussi di credito continuano a mancare, il pessimismo delle piccole imprese è inevitabile”. Solo il 18% degli imprenditori guarda al futuro con moderato ottimismo, una visione più diffusa tra i giovani, grazie al loro approccio dinamico e alla capacità di affrontare le sfide con spirito innovativo. In controtendenza, le imprese del Mezzogiorno mostrano segnali meno negativi, sostenute dal buon andamento del turismo e da un impatto inferiore delle crisi di settori come moda e automotive.
Abruzzo: uno scenario a due facce
Il direttore regionale di CNA Abruzzo, Silvio Calice, conferma un moderato ottimismo tra le imprese locali: “Le aziende abruzzesi evidenziano un atteggiamento meno pessimista sull’andamento economico complessivo e sulle proprie performance. Tuttavia, restano forti preoccupazioni per fenomeni come l’abusivismo”. Gli indicatori relativi a utile lordo, occupazione, investimenti e fatturato sembrano meno negativi rispetto al resto del Paese.
Numeri che parlano chiaro
Lo studio rivela che il 53,1% delle imprese fatica a formulare previsioni economiche a causa dell’instabilità geopolitica ed economica globale. Tra quelle che esprimono un’opinione più definita, solo il 18,3% si dichiara ottimista, mentre il 28,5% prevede un peggioramento. Le difficoltà si acuiscono nel guardare al proprio futuro: il 54,5% degli imprenditori si dichiara incerto e il 30,2% teme un anno deludente, contro un esiguo 15,3% di fiduciosi.
Elementi di preoccupazione per il 2025
Tra i principali fattori di rischio segnalati dalle imprese troviamo:
- Costo del lavoro (32%)
- Aumento dei prezzi delle materie prime (31,8%)
- Mancanza di politiche pubbliche adeguate (23,5%)
- Difficoltà nel reperire manodopera qualificata (22,1%)
Al contrario, temi più gestibili come la concorrenza, i rapporti con i clienti e la digitalizzazione appaiono meno preoccupanti.
Il ruolo della politica: molte promesse, poche risposte
Gregorini non risparmia critiche: “Il disegno di legge sulle PMI sembra favorire le grandi imprese, escludendo di fatto i piccoli attori, che rappresentano una parte essenziale del sistema produttivo”. Sul piano locale, Calice aggiunge che in Abruzzo manca un reale sostegno all’artigianato: “Abbiamo proposto progetti come la bottega-scuola, ma il bilancio regionale 2025 non prevede fondi per il settore, una scelta miope”.
In un contesto così incerto, le piccole imprese italiane si trovano a fronteggiare sfide complesse. Investire in innovazione e formazione potrebbe essere la chiave per trasformare queste difficoltà in opportunità, ma servono interventi politici mirati e concreti per sostenere la ripresa.