L’allarme sulle difficoltà delle attività commerciali italiane arriva da Gianni Gravante, presidente regionale del Trentino Alto Adige di Federmoda Confcommercio, che invita a una riflessione profonda sulle conseguenze delle liberalizzazioni. Secondo Gravante, è necessario un cambio di rotta per evitare la scomparsa dei negozi di vicinato e contrastare lo spopolamento dei centri storici, sempre più omologati a causa della prevalenza delle grandi catene.
Dati nazionali e locali: il declino del commercio tradizionale
Tra il 2021 e il 2022, in Italia il settore dell’abbigliamento e delle calzature ha subito una drastica contrazione, con la chiusura di ben 4.112 attività, passando da 177.822 a 173.710 esercizi. Anche in provincia di Trento, pur con una riduzione meno marcata, il numero di negozi è diminuito da 1.526 a 1.517. Gravante sottolinea che, dietro questi numeri, si cela una dinamica preoccupante: la qualità dell’offerta si è spostata sempre più verso le grandi distribuzioni monomarca, a scapito delle piccole realtà storiche.
Le grandi industrie, grazie alle loro risorse finanziarie, hanno monopolizzato il mercato insediandosi nei centri urbani e costringendo le attività locali a chiudere i battenti. Questo fenomeno ha portato a una perdita dell’identità commerciale e culturale delle città, rendendole meno attrattive per consumatori e turisti.
Revisione delle norme e rilancio del tradizionale
Gravante punta il dito contro i decreti Bersani e Monti, accusati di aver creato un mercato troppo deregolamentato, che ha favorito le grandi catene e il commercio online a discapito dei negozi di vicinato. Per evitare l’annientamento delle piccole attività, il presidente di Federmoda propone una revisione delle norme sulle liberalizzazioni delle licenze, sugli orari di apertura e sulla regolamentazione del mercato digitale.
In particolare, Gravante chiede alla Provincia di Trento di farsi promotrice di “scelte coraggiose” presso il governo nazionale. Le nuove politiche dovrebbero non solo arginare le difficoltà del commercio tradizionale, ma anche valorizzare il Made in Italy, un patrimonio che rischia di essere irrimediabilmente compromesso.