L’iniziativa del concordato preventivo biennale, pensata per agevolare la riscossione fiscale tra autonomi e piccole imprese, ha finora raggiunto risultati limitati. Circa 500.000 partite Iva hanno aderito al concordato per il 2023, contribuendo all’erario con 1,3 miliardi di euro, una cifra nettamente inferiore ai 2 miliardi stimati. Questo valore rappresenta circa l’11% dei 4,5 milioni di potenziali lavoratori autonomi e imprese che avrebbero potuto utilizzare questo strumento. Mediamente, ciascun sottoscrittore ha versato una somma di 2.600 euro.
La CGIA contesta i dati sull’evasione
Uno degli elementi di critica da parte della CGIA riguarda il “tax gap” – la differenza tra il gettito fiscale teorico e quello effettivo – che il Mef stima per il 2021 in 82,4 miliardi di euro. Di questa cifra, una porzione rilevante è attribuita alle partite Iva e agli autonomi, con una presunta evasione dell’Irpef pari a 29,5 miliardi di euro, ovvero il 70% del dovuto. La CGIA mette in dubbio queste cifre, sostenendo che i lavoratori autonomi non avrebbero la capacità economica di evadere una percentuale così alta di tasse. Secondo i dati CGIA, artigiani e commercianti, nel 2021, hanno dichiarato un reddito lordo medio di 33.000 euro. Se le stime fossero corrette, questi lavoratori dovrebbero pagare circa il 120% in più di quanto attualmente versano, arrivando a una cifra insostenibile di circa 74.000 euro all’anno.
Esclusioni e limiti nelle stime del tax gap
Le stime del Mef sono ritenute limitate anche per altre ragioni. Una parte considerevole degli autonomi e dei piccoli imprenditori, infatti, è esclusa dal pagamento dell’Irap, come chi rientra nel regime “de minimis” (circa 1,8 milioni di soggetti), alcune imprese agricole, i professionisti senza autonoma organizzazione e i lavoratori domestici. Questo porta la CGIA a concludere che le statistiche non riflettano pienamente la realtà economica del settore.
Controlli in crescita e compliance
Nel 2023, il governo italiano ha intensificato i controlli fiscali, con un numero di verifiche che ha coinvolto 3,7 milioni di attività imprenditoriali, pari al 65% circa del totale. Tra lettere di compliance e accertamenti fiscali, l’obiettivo dell’Agenzia delle Entrate è migliorare il livello di conformità fiscale degli autonomi e delle piccole imprese. Tuttavia, alla luce dei risultati, appare evidente che l’evasione fiscale in Italia potrebbe essere inferiore rispetto alle stime ufficiali, almeno per quanto riguarda le categorie degli autonomi.
Il dibattito sull’evasione fiscale
L’analisi della CGIA riflette un dibattito sempre più acceso sulle reali dimensioni dell’evasione fiscale in Italia e sulla sostenibilità delle attuali strategie di contrasto. Le difficoltà di adesione al concordato preventivo biennale e la discrepanza tra le stime del Mef e i dati dichiarati dagli autonomi sollevano interrogativi sull’efficacia delle politiche fiscali attuali. Secondo la CGIA, una revisione dei criteri di stima e un’attenzione maggiore alla diversità delle condizioni lavorative dei piccoli imprenditori potrebbero fornire una visione più accurata e sostenibile del fenomeno dell’evasione.