La Felsa-Cisl Toscana denuncia l’ostruzionismo e il disinteresse di alcune delle principali agenzie interinali nel garantire ai lavoratori in somministrazione le stesse condizioni dei dipendenti a tempo indeterminato. Secondo il sindacato, a Firenze quattro agenzie – Adecco, Manpower, Gi Group e Randstad – stanno creando ostacoli a una settantina di lavoratori in somministrazione impiegati presso una grande azienda farmaceutica del territorio, nonostante i fondi necessari siano già stati messi a disposizione dall’azienda utilizzatrice.
L’origine del problema risale alla firma del contratto integrativo aziendale, in cui si stabilisce, per la prima volta, il riconoscimento delle stesse prerogative ai lavoratori in somministrazione. Tuttavia, l’attuazione pratica di questo principio è stata affidata esclusivamente alle agenzie interinali, che si sono dimostrate restie a implementare soluzioni efficaci per garantire una reale parità.
“L’azienda utilizzatrice – afferma Alessio Nasoni della Felsa-Cisl Toscana – ha accettato di investire le stesse risorse anche per i lavoratori in somministrazione, affidando alle agenzie e ai lavoratori stessi la scelta su come destinarle. Nonostante questo, le agenzie sembrano scegliere opzioni a loro favore piuttosto che rispondere alle richieste dei lavoratori. Sebbene questi ultimi siano finalmente riusciti a ottenere, con molte difficoltà, alcuni benefici di welfare, attendono ancora che le agenzie predispongano una copertura sanitaria integrativa, finanziata dall’azienda utilizzatrice”.
Nonostante i tentativi di mediazione e le proposte alternative avanzate dai lavoratori, le agenzie hanno rigettato ogni richiesta, adducendo varie scuse senza impegnarsi in una soluzione concreta. “Al di là delle motivazioni formali, è evidente che queste agenzie preferiscano anteporre il proprio interesse a quello dei lavoratori” continua Nasoni, “con il risultato di creare una disparità di trattamento tra i loro dipendenti e quelli assunti direttamente dall’azienda utilizzatrice. In questo modo, invece di rafforzare il valore della somministrazione, finiscono per impoverire il mercato del lavoro e ostacolare uno strumento che, sebbene imperfetto, è cruciale per tutelare la flessibilità e il lavoro regolare”.
“La somministrazione di lavoro – conclude Nasoni – va monitorata e allineata ai principi generali del rapporto di lavoro per evitare che diventi un mezzo per perpetuare la discriminazione tra lavoratori operanti nello stesso contesto”.