In un momento critico per l’industria automotive, Volkswagen ha annunciato l’intenzione di chiudere tre stabilimenti tedeschi, causando un’ondata di preoccupazione tra lavoratori e sindacati italiani. Daniela Cavallo, presidente del Consiglio di fabbrica di Volkswagen, ha dichiarato che la chiusura coinvolgerà anche gli altri stabilimenti con significativi tagli a orari, linee di produzione e stipendi. Secondo Cavallo, “nessuno stabilimento è al sicuro” da questo ridimensionamento.
Questa decisione rappresenta un evento senza precedenti per Volkswagen, che mai in un secolo di storia aveva chiuso fabbriche in Germania. Le motivazioni dell’azienda si inseriscono in un quadro complesso in cui il calo della domanda e l’aumento della competizione spingono verso una razionalizzazione delle risorse. Emanuele Orsini, presidente di Confindustria, ha commentato duramente le scelte aziendali, sostenendo che “la priorità dovrebbe essere la neutralità tecnologica e non imporre una sola via per ridurre la CO2″.
L’impatto sulle imprese del Nord Est
Le conseguenze della crisi Volkswagen si riflettono su tutto l’indotto, e in particolar modo sul tessuto imprenditoriale del Nord Est italiano. Veneto e Friuli-Venezia Giulia, infatti, forniscono alla Germania una vasta gamma di componenti e servizi per l’automotive, settore chiave per l’interscambio con Berlino. Solo in Veneto, il comparto produttivo comprende circa 14.000 imprese, con una forza lavoro che supera le 44.000 unità, pari al 2,3% dell’occupazione complessiva della regione, secondo uno studio CNA. Di queste, il 52% opera nella riparazione, il 36% nel commercio e solo una piccola parte, pari al 3%, si dedica alla produzione e componentistica, dove si concentrano però le imprese più strutturate.
Il valore dell’interscambio tra Germania e Veneto è di oltre 24 miliardi di euro annui, mentre il Friuli-Venezia Giulia contribuisce con 3,8 miliardi, rappresentando un pilastro fondamentale per la bilancia commerciale del Nord Est. Verona è la provincia con il maggior peso commerciale, con il 38,4% dell’interscambio totale veneto, seguita da Vicenza, Padova e Treviso. In Friuli, invece, Udine rappresenta la metà dell’interscambio, mentre Pordenone il 32%.
Il settore automotive, che nel 2023 ha generato esportazioni per 4,8 miliardi di euro dal Veneto, risulta particolarmente esposto alla crisi del colosso tedesco. Altri settori coinvolti nell’export verso la Germania includono l’agroalimentare (3,7 miliardi di euro) e la produzione di macchinari (3,2 miliardi di euro).
Gli effetti sulla bilancia commerciale e i rischi occupazionali
Le aziende del Nord Est, da sempre dipendenti dalla solida domanda tedesca, affrontano ora una situazione di grande incertezza. La Germania è il primo mercato per l’export di molte imprese venete e friulane, assorbendo il 14% delle esportazioni regionali in settori strategici, dall’automotive all’agroalimentare, dai prodotti in metallo alla moda.
Secondo Emanuele Orsini, la crisi di Volkswagen sottolinea la necessità di politiche che garantiscano una maggiore flessibilità nella scelta delle tecnologie per ridurre le emissioni. In Italia, numerose aziende hanno invocato una revisione delle politiche europee sul Green Deal, chiedendo maggior attenzione alla sostenibilità delle filiere.
La Germania in attesa di chiarimenti
In Germania, i vertici politici si trovano in una posizione difficile. Il portavoce del cancelliere Olaf Scholz, Wolfgang Buechner, ha dichiarato che, nonostante le difficoltà economiche di Volkswagen siano note, “le decisioni sbagliate del management non devono ricadere sui lavoratori”. L’auspicio delle istituzioni tedesche è che Volkswagen chiarisca al più presto la sua strategia, cercando di preservare i livelli occupazionali.
La dipendenza delle economie locali italiane dalle esportazioni verso la Germania pone il Nord Est di fronte a un periodo critico, in cui le strategie delle grandi imprese tedesche avranno un impatto diretto su migliaia di lavoratori italiani. La chiusura di stabilimenti Volkswagen e i tagli proposti potrebbero avere ripercussioni durature, modificando la geografia industriale e occupazionale di intere regioni italiane.