Negli ultimi anni, il ricorso alla sanità privata ha registrato un incremento significativo in Italia, non solo in Trentino ma anche a livello nazionale. Questa tendenza preoccupa numerosi cittadini e sindacati, come lo Spi Cgil del Trentino, che sottolineano l’aggravarsi della crisi del sistema sanitario pubblico, in particolare per coloro che si trovano in situazioni di vulnerabilità o che affrontano difficoltà economiche.
Nell’ultimo decennio, il sistema sanitario italiano ha subito un progressivo ridimensionamento dei fondi pubblici destinati alla salute. In Trentino, a titolo esemplificativo, la Giunta provinciale ha aumentato i fondi alla sanità privata accreditata, passando dai 42,1 milioni di euro del 2018 ai 72,6 milioni previsti per il 2024. Questo incremento, secondo le critiche mosse dal sindacato, è indice di una chiara priorità data al privato a discapito delle strutture pubbliche, che si trovano ora in difficoltà croniche, con personale sottoposto a stress e lunghe liste d’attesa.
Dati e criticità del sistema sanitario pubblico in Trentino
L’attuale contesto sanitario trentino mostra sintomi di una crisi profonda, a detta dei sindacati locali, tra cui lo Spi Cgil, che ha recentemente organizzato una manifestazione davanti all’ospedale Santa Chiara di Trento. La segretaria provinciale Claudia Loro ha evidenziato come la gestione della sanità pubblica stia affrontando problemi significativi, rispecchiati dalla mancanza di personale e dai ritardi nelle cure. Il 5,4% delle famiglie trentine ha dichiarato di essere stato costretto o di aver scelto di rinunciare a prestazioni sanitarie nel 2023, una statistica allarmante che riflette il livello di insoddisfazione verso i servizi sanitari pubblici e le lunghe attese per accedere alle cure.
L’insoddisfazione è accentuata da scelte della Giunta Fugatti, come l’utilizzo di cooperative di gettonisti, per mantenere aperti i punti nascita periferici, una decisione che, secondo il sindacato, mira esclusivamente a salvaguardare il consenso politico. Tuttavia, il sindacato afferma che questa pratica non è ottimale per garantire la sicurezza nelle operazioni di parto e neanche per assicurare un uso razionale delle risorse pubbliche.