Interessano ben 18.000 lavoratori le aziende “idrovore” quella che consumano acqua in maniera esagerata. Di fronte si contrappongono le eprite delle reti idriche dell’Isola, ben il 52%, segno che ogni litro che arriva ai ribunetti un altro si è perso per strada.
L’attenzione dell’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Sardegna si è proprio appuntato sul sistema idrico dell’Isola anche in considerazione del grande caldo e della grande siccità. E le società che più di altre hanno bisogno d’acqua ne consumano il 32%. E così la siccità in corso ha influito anche sulla regolarità della fornitura idrica nella maggior parte delle zone turistiche dell’Isola.
“Le elevate temperature di luglio e la crisi idrica che sta colpendo gran parte della Sardegna, evidenziano la rilevanza delle conseguenze del cambiamento climatico, per le quali cresce la preoccupazione dei cittadini e degli imprenditori – commenta Giacomo Meloni, Presidente di Confartigianato Imprese Sardegna – la prevenzione dei danni derivanti dal climate change e le criticità della rete idrica richiedono investimenti pubblici per la manutenzione del territorio, pesantemente ridotti nel passato”. “E’ necessario, con estrema rapidità – aggiunge Daniele Serra, Segretario Regionale – continuare a ripensare alle priorità del PNRR e sfruttare quindi le risorse europee per ammodernare e realizzare gli invasi e le reti distributive per poter affrontare meglio una eventuale emergenza idrica che, in futuro, potrebbe mettere in seria difficoltà le attività produttive e tutti i sardi”. “E’ il momento giusto per continuare a programmare e progettare per non farci trovare impreparati di fronte al perdurare di assenza di precipitazioni – conclude il Presidente Meloni – senza dover rincorrere l’emergenza e senza dover adottare, se fosse necessario, misure drastiche”.
Assai preoccupante è la situazione sula condizione delle infrastrutture idriche nell’Isola; secondo una recente indagine della CGIA di Mestre, la Sardegna è al quarto posto tra le regioni più “sprecone d’acqua”: Nell’Isola, ogni giorno, vengono immessi nelle reti 424 litri pro capite e se ne perdono 224, equivalente al 52,8%, contro una media nazionale del 51,9%. La regione più sprecona è la Basilicata con il 65,5% di perdite, seguita dall’Abruzzo con il 62,5%. Quella più virtuosa è l’Emilia-Romagna con solo il 29,7% di acqua che si perde.
Tra i capoluoghi sardi il più sprecone è Sassari con il 63,4% delle perdite (11esimo nazionale), seguito da Oristano con il 60,4% (14esimo), da Nuoro con il 55,1% (19esimo) e Cagliari con il 53,5% (25esimo). La città sarda più virtuosa è Carbonia con solo il 21,7% degli sprechi (90esima su 109).
Un monitoraggio, condotto dall’Istat, sulle preoccupazioni ambientali di cittadini e imprenditori, evidenza come nella popolazione cresca la preoccupazione per i cambiamenti climatici, espressa dal 58,8% della cittadinanza, oltre due punti in più del 56,7% nel 2022 e oltre sei punti in più del 52,2% del 2021.
Nel 2022, secondo l’elaborazione di Eurostat dei dati Agenzia europea dell’Ambiente (EEA), l’Italia è al primo posto tra i 27 paesi dell’Ue per danni da eventi meteorologici estremi e legati al clima, con 284 euro per abitante, un valore 2,4 volte la media Ue di 117 euro per abitante. Negli ultimi dieci anni (2013-2022) l’Italia ha cumulato danni per 50,0 miliardi di euro (valutati a prezzi costanti anno 2022), pari a 5 miliardi di euro all’anno.
All’alta esposizione dell’Italia a queste tipologie di rischi contribuiscono la scarsa manutenzione e la riduzione della dotazione di infrastrutture deputate alla difesa del territorio. Il capitolo di spesa per investimenti pubblici che comprende le opere a tutela del territorio nei dieci anni precedenti alla pandemia, in rapporto al PIL, si è dimezzata, per tornare a recuperare a salire dal 2021, anche grazie al sostegno del PNRR. Da segnalare che a valori correnti la spesa di 11,2 miliardi di euro nell’ultimo anno disponibile, il 2022, è pari a quella del 2003 (11,1 miliardi).
A fronte della ridotta spesa pubblica per la manutenzione delle infrastrutture, si registrano elevate e diffuse perdite dalle reti idriche comunali. Su 8 miliardi di metri cubi di acqua immessi nelle reti comunali di distribuzione dell’acqua potabile, se ne perdono 3,4 miliardi (42,4%), un volume superiore all’acqua erogata per l’intero Centro-Nord (3,2 miliardi di metri cubi). In chiave territoriale la percentuale di perdite nel Nord-ovest è del 33,5%, nel Nord-est del 37,2%, nel Centro del 43,9%, mentre nel Sud sale al 50,5% e nelle Isole, proprio dove si concentra la crisi idrica dell’estate del 2024, arriva al 51,9%. Tra le regioni, le perdite sono più elevate in Basilicata con 65,5%, Abruzzo con 62,5%, Molise con 53,9%, Sardegna con 52,8%, Sicilia con 51,6%, Campania con 49,9%, Umbria con 49,7%, Calabria con 48,7% e Lazio con 46,2%.
Le perdite rete sono da attribuire a fattori fisiologici, presenti in tutte le infrastrutture idriche, a rotture nelle condotte e vetustà degli impianti, oltre a fattori amministrativi, dovuti a errori di misura dei contatori e usi non autorizzati. Un consistente intervento per ridurre le perdite idriche è previsto dal PNRR: per la gestione dell’acqua il Piano prevede interventi per 5,4 miliardi di euro, di cui 2,0 miliardi di euro di investimenti in infrastrutture idriche primarie per la sicurezza dell’approvvigionamento idrico e 1,9 miliardi per la riduzione delle perdite nelle reti di distribuzione dell’acqua, compresa la digitalizzazione e il monitoraggio delle reti.