La patata toscana a rischio: il cambiamento climatico colpisce duramente la produzione

Produzioni dimezzate, varietà autoctone minacciate e le economie montane in crisi: è l’anno nero per la patata in Toscana

coldiretti

Le drastiche conseguenze del cambiamento climatico si fanno sentire pesantemente anche in Toscana, dove la produzione di patate (Solanum tuberosum) è stata gravemente ridotta. Il caldo e l’umidità eccessivi hanno causato un crollo del raccolto, spingendo aziende agricole come la Latera e il Consorzio Granaio dei Medici, nel Mugello, a cancellare per la prima volta l’annuale raccolta fai-da-te. Questa iniziativa, molto apprezzata dalle famiglie, permetteva l’acquisto diretto delle patate a prezzi notevolmente inferiori rispetto ai supermercati.

La situazione si ripete anche a Zeri, nel nord della regione, e sulla Montagna Pistoiese, dove la patata è una risorsa fondamentale per le aziende agricole locali, spesso situate in territori marginali e difficili da coltivare. Secondo Coldiretti Toscana, la produzione di patate nel 2024 è destinata a ridursi di oltre la metà rispetto ai 130 mila quintali raccolti nel 2023, con un calo che varia tra il 30% e l’80%, a seconda dell’area geografica e dell’altitudine. Questo declino colpisce anche le varietà autoctone come la patata del Melo e di Zeri, minacciando la loro sopravvivenza.

Un colpo duro per le economie rurali

“La riduzione della produzione impatta gravemente sulle imprese agricole, soprattutto in zone montane dove l’agricoltura è più complessa e costosa”, afferma Letizia Cesani, Ppesidente di Coldiretti Toscana. “I cambiamenti climatici mettono a rischio il nostro patrimonio agroalimentare, dalle patate al vino, dai formaggi ai salumi, coinvolgendo soprattutto i piccoli produttori che sono i custodi delle tradizioni agricole italiane”.

Le aziende agricole, che si affidano alla vendita diretta per sostenere le loro attività, stanno affrontando una crisi senza precedenti. Le cassette di raccolta sono per metà vuote e i tuberi sono di dimensioni ridotte. “Quest’anno abbiamo perso tra il 30% e il 40% della produzione”, spiega Giacomo Tatti dell’azienda agricola Latera. “Le alte temperature hanno causato un’evaporazione eccessiva, riducendo l’acqua disponibile per i tuberi, con il risultato di patate più piccole e meno pesanti“.

Un patrimonio in pericolo

A Zeri, la patata locale è inserita nella lista dei prodotti tradizionali della regione, ma la produzione è scesa del 70% rispetto agli anni precedenti. “Non potremo contare su un prodotto così ricercato, che coltiviamo con tanta passione”, commenta Barbara Conti, pastora custode di prima generazione. La varietà autoctona, coltivata in questa area dal 1777, è sempre più minacciata dalle condizioni climatiche estreme.

Nella Montagna Pistoiese, a oltre mille metri di altitudine, la situazione è altrettanto critica. “Abbiamo dovuto seminare tardi a causa delle piogge continue di primavera, e poi non è più piovuto”, spiega Giuseppe Corsini, presidente provinciale di Terranostra. La varietà bianca del Melo, rinomata per la sua consistenza farinosa e il gusto delicato, ha subito una riduzione dell’80% nella resa.

L’agricoltura al centro della crisi climatica

Oltre alla riduzione delle quantità, gli agricoltori devono fare i conti con i costi elevati di lavorazione, come il consumo di gasolio per la preparazione del terreno. “Abbiamo seminato 75 quintali di patate, ma raccoglieremo molto meno, con una perdita stimata dell’80%“, afferma Daniela Pagliai dell’Agriturismo I Taufi.

La patata, coltivata in Europa dal XVII secolo, è tra gli alimenti agricoli più importanti a livello globale. In Toscana, è principalmente prodotta da piccoli agricoltori su circa 800 ettari di terreno, con un incremento delle superfici coltivate del 4% rispetto al 2022. Tuttavia, senza un cambiamento radicale nella gestione delle risorse idriche e climatiche, questa coltura potrebbe affrontare un futuro incerto.

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