Confartigianato: competenze per l’IA difficili da reperire, 362 mila lavoratori richiesti

Un’analisi approfondita di Confartigianato Imprese mette in luce una delle principali sfide che il mercato del lavoro italiano sta affrontando: la crescente difficoltà delle imprese nel reperire lavoratori con competenze avanzate in intelligenza artificiale (IA) e tecnologie digitali. Sono stati identificati nel numero di 362 mila lavoratori difficili da trovare per soddisfare le esigenze del mercato, in particolare per ruoli legati all’IA, al cloud computing, all’Industrial Internet of Things (IoT), alla data analytics, alla realtà virtuale e aumentata, e alla blockchain. Questi lavoratori sono cruciali per supportare la transizione digitale e green che le imprese italiane stanno cercando di portare avanti, nonostante l’attuale contesto economico incerto.

La difficoltà di reperimento di personale qualificato non riguarda solo le grandi aziende, ma anche le micro e piccole imprese (MPI), che costituiscono l’ossatura del tessuto economico italiano. In effetti, ben il 54,9% delle MPI segnala difficoltà nel trovare lavoratori con competenze digitali avanzate, una percentuale superiore alla media nazionale. Questa carenza di manodopera specializzata potrebbe rappresentare un ostacolo significativo alla diffusione delle tecnologie più sofisticate e all’implementazione di sistemi di IA nelle piccole realtà imprenditoriali.

Il 36,2% degli occupati italiani è impegnato in professioni altamente influenzate dall’intelligenza artificiale, sottolineando quanto sia cruciale per le aziende disporre di competenze adeguate per affrontare questa rivoluzione tecnologica. A dimostrazione di ciò, il 12,6% delle imprese italiane tra 3 e 49 addetti ha già adottato soluzioni di IA nel biennio 2021-2022, rendendo l’Italia uno dei paesi più avanzati in Europa in termini di utilizzo di robot e tecnologie avanzate nelle piccole imprese. L’Italia si posiziona al 4° posto nell’Unione Europea per la quota di piccole imprese che utilizzano robot, superando nazioni come Francia e Germania.

L’analisi di Confartigianato evidenzia anche una forte disparità territoriale nella disponibilità di manodopera qualificata. Le regioni del Nord-Est, come Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia, registrano le maggiori difficoltà, con percentuali rispettivamente del 65,8% e del 62,6% di entrate difficili da reperire. Anche altre regioni come Umbria (60,3%), Marche (57,1%) ed Emilia-Romagna (55,8%) segnalano una carenza significativa di lavoratori qualificati, riflettendo un trend che coinvolge gran parte del Paese. Seguono sempre in termini percentuali il Veneto con il 56,3%, l’Emilia-Romagna con il 55,8%, la Toscana al 54%, mentre la Liguria si attesta al 53,1% ed il Piemonte al 53%, infine la Lombardia con il 52,3% e l’Abruzzo pari al 52%.

A livello provinciale, la situazione è particolarmente critica a Bolzano, dove il 69,2% delle posizioni aperte per lavoratori con competenze digitali avanzate resta vacante. Altre province come Trieste (68,3%), Terni (67,5%) e Udine (66,5%) mostrano tassi di mismatch elevati tra domanda e offerta di lavoro, seguite da Cuneo, Lucca, Lodi e Gorizia, tutte con percentuali superiori al 60%. Questa difficoltà di reperimento di personale qualificato potrebbe rallentare i processi di innovazione e crescita, soprattutto nelle aree più tecnologicamente avanzate.

In questo contesto, le imprese stanno adottando diverse strategie per far fronte alla carenza di manodopera. Tra le misure messe in atto, vi sono iniziative volte ad attrarre giovani talenti e a trattenere i lavoratori più esperti, con competenze elevate, per non perdere competitività sul mercato. La sfida per le imprese italiane non è solo quella di affrontare la transizione digitale, ma di farlo con le risorse umane adeguate, un elemento cruciale per il successo futuro del Paese in un’economia sempre più basata sulle tecnologie avanzate.

In conclusione, Confartigianato sottolinea la necessità di interventi mirati per colmare il gap tra domanda e offerta di competenze digitali e tecnologiche. Senza un’adeguata forza lavoro qualificata, il rischio è che l’Italia non riesca a cogliere pienamente le opportunità offerte dalla rivoluzione tecnologica in corso, compromettendo la sua competitività a livello globale.

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