“A Milano hanno funzionato le casse di espansione, opere idrauliche fatte con ingegneria convenzionale, ma in aggiunta a queste si sarebbero potuti fare anche interventi più ispirati alla natura trattenendo l’acqua”. Così Federico Preti, presidente nazionale dell’Associazione Italiana di Ingegneria Naturalistica, a margine della Conferenza su Emergenza Alluvioni e Desertificazione, organizzata dall’Associazione presso la sede Ispra. Un evento a un anno dalla disastrosa alluvione in Emilia Romagna e con la nuova emergenza scattata a Milano nelle ultime ore.
Le casse di espansione a Milano
“Bisogna attivare – l’invito di Preti – le altre casse di espansione. Ci vogliono superfici drenanti e ci vuole la vegetazione che possa assorbire acque in eccesso. L’Ingegneria Naturalistica inizia a diffondersi in Italia. Si tratta di utilizzare le piante vive come materiale da costruzione, grazie alle loro proprietà biotecniche, in abbinamento con materiale biodegradabile possibilmente reperibile in loco come legname e petrame. Ad esempio in Toscana dove c’è una delle più grandi frane esistenti in Europa stiamo applicando l’Ingegneria Naturalistica, mettendo in sicurezza i versanti di montagna con il materiale verde del posto. Con queste tecniche possiamo prevenire il dissesto e mitigarlo. Si tratta di fare opere che vanno a compensare quello che in passato veniva fatto per altri scopi come quelli agricoli. Penso alla riduzione delle pendenze, ai muretti a secco, alle scoline. Nelle zone appenninche, da sistemare, dovremmo fare questo, poi invece nelle città creare quelle condizioni che siano in grado di trattenere l’acqua e regimentarla. Cito Segrate, nel milanese dove si sta realizzando un bacino naturale in grado di mantenere le acque piovane, fito – depurarle e immetterle in falda, facendole ritornare nel ciclo dell’acqua. In prossimità dei fiumi urbani dovremmo realizzare sempre più casse di espanzione anche con interventi naturali”.
“L’inventario ISPRA dei fenomeni Franosi in Italia (IFFI) – ha detto il direttore generale Maria Siclari – ha censito ad oggi oltre 620.000 fenomeni franosi sul territorio nazionale; da questo dato, emerge che quasi il 94% dei comuni italiani ha al proprio interno aree interessate da rischio dissesto e soggette ad erosione costiera e che oltre 8 milioni di persone abitano in aree ad alta pericolosità da frana e idraulica. La mosaicatura delle aree a pericolosità per frana consente di classificare il 18,4% del territorio nazionale a pericolosità da frana elevata molto elevata e/o a pericolosità idraulica media (tempo di ritorno tra 100 e 200 anni). Un altro documento tecnico ISPRA, il “Repertorio Nazionale degli interventi per la Difesa del Suolo (ReNDiS)”, fornisce un quadro unitario delle opere e delle risorse impegnate nel campo della difesa del suolo; vi sono censiti 25.000 interventi per un totale di più di 17 miliardi di euro di finanziamenti. Su un campione significativo di questi, il monitoraggio ISPRA ha consentito di acquisire anche informazioni tecniche di dettaglio, tra cui la tipologia delle opere realizzate, da cui emerge che il 33% degli interventi di mitigazione del rischio implementa tecniche di ingegneria naturalistica e che il 30% degli stessi ricade all’interno della rete Natura 2000, la rete delle aree protette dell’Unione Europea”.
“Occorre urgentemente realizzare sistemi adattativi che aumentino infiltrazione, raccolta, accumulo, riuso delle acque meteoriche, quindi moltiplicando tetti verdi, giardini della pioggia, pizze d’acqua, parchi, giardini, aree di espansione, trasformando strade, rotatorie, parcheggi, in aree filtranti e a verde, così da contribuire anche all’incremento di biodiversità e capitale naturale. Come raccomanda la EU Nature Restoration Law per il ripristino di almeno il 20% delle terre emerse in Europa. E sono i medesimi sistemi verdi adattativi che anche abbattono rumori – ha affermato Flora Vallone, architetto paesaggista, Vice Presidente Nazionale dell’Associazione Italiana di Ingegneria Naturalistica – polveri, CO2 e producono ossigeno e servizi ecosistemici. Diversi i progetti/interventi già in corso, in Italia. Ad esempio in alcuni paesi ci sono progetti per trasformare le strade in giardini della pioggia che possano abbattere anche polveri e temperatura, rigenerando un ampio spazio urbano interconnettendolo con altre aree verdi all’intorno per una nuova rete ecologica per passeggiare, andare in bicicletta, incontrarsi. Si chiama One Health: per il benessere del’ambiente e dell’uomo”.
Sicilia – Calabria – Puglia sono a rischio desertificazione
Un Italia divisa in due, tra aree sottoposte ad alluvioni ed altre a rischio desertificazione. “I dati ci dicono questo e dunque che c’è il cambiamento climatico. Abbiamo zone come la Sicilia, con una siccità feroce ma abbiamo anche l’alluvione di queste ore in Lombardia. C’è bisogno di prevenzione. Le regioni a rischio desertificazione sono Sicilia – ha dichiarato Monica Cairoli, consigliera nazionale e coordinatrice del Dipartimento Clima e Ambiente del Consiglio dell’Ordine Nazionale Dottori Agronomi e Dottori Forestali – Puglia e Calabria. Regioni che hanno, da sempre avuto problemi di acqua ma adesso il problema sta diventando molto ma molto importanti. Il Nord da questo punto di vista sembrerebbe stare meglio ma anche perchè ci sono regioni meglio strutturate. Bisogna creare opere che consentano di accumulare l’acqua quando c’è e di rilasciarla quando non c’è”.
Il modello Custonaci
La Corte dei Conti d’Europa ha riconosciuto come buona pratica il modello Custonaci, nella spesa dei fondi al fine di contrastare la desertificazione.
“Custonaci è un caso importante, un modello per contrastare la desertificazione, aree che si sono desertificate soprattutto per l’azione dell’uomo e per le cave. Abbiamo agito sfruttando la risorsa mare, abbiamo fertilizzato le aree, abbiamo riconquistato natura – ha affermato Gianluigi Pirrera, ingegnere naturalista, Vice Presidente Nazionale Associazione Italiana Ingegneria Naturalistica – utiulizzando la posidonia spiaggiata che abbiamo parzialmente trasformato facendola diventare un suolo artificiale. Il tutto per riattivare le condizioni pedologiche e iniziali finalizzate all’attecchimento delle piante. Tutto ciò è diventato così importanti che i fondi usati per Custonaci sono stati riconosciuti come buona pratica dalla Corte dei Conti d’Europa”.
“La Sicilia – ha informato Lorena Ferrara, biologa, dell’Associazione Italiana di Ingegneria Naturalistica – si conferma come regione, in Europa, a maggior rischio desertificazione. Abbiamo cartine e dati che dimostrano questo. La piovosità si è ridotta almeno del 30% e questo si va a riscontrare, in particolare, in territori importanti per la biodiversità come il Parco Fluviale dell’Alcantara. Sull’Alcantara sono in corso lavori per andare a ripristinare delle aree umide perchè il fiume è completamente in asciutto. Stiamo andando a prelevare in subalveo per portare in superfice l’acqua in modo tale da tutelare la biodiversità e vengano riportati in vita questi habitat particolarmente delicati e fragili. Però abbiamo diversi casi. A Custonaci, secondo comune a maggior rischio desertificazione della Sicilia. A Custonaci abbiamo impiegato, in via sperimentale, la posidonia oceanica e dunque le biomasse che si vengono a spiaggiare per contrastare anche l’erosione. Il primo comune siciliano a rischio desertificazione è Villarosa, nell’entroterra siciliano, dove abbiamo attuato degli interventi. Siamo intervenuti anche nell’area archeologica – Le Rocche di Pietraperzia, con grate vive e impiegando specie autoctone locali, tipiche del paesaggio antico, a tutela dell’area archeologica e della biodiversità”.
Ingegneria Naturalistica in Emilia Romagna e Lazio
Emilia Romagna e Lazio, primeggiano per aziende che investono in Ingegneria Naturalistica. “In Emilia Romagna e nel Lazio abbiamo imprese che puntano sempre più alla messa in sicurezza con materiale verde naturale, dunque puntando su Ingegneria Naturalistica”, ha confermato Alberto Patruno, presidente di AssoImpredia.